OMELIA
Tenuta nella CATTEDRALE DI NOTO
Dal VESCOVO MONS. MARIANO CROCIATA
Solennità di S. Corrado
19 febbraio 2008
Cari fratelli e sorelle,
consentitemi innanzitutto di esprimere la mia gioia di partecipare
per la prima volta a questa solennità, insieme agli eccellentissimi
vescovi emeriti, ai presbiteri e diaconi, ai seminaristi, al coro, alle
autorità cittadine e a voi tutti, cari fedeli e devoti di san Corrado, che
con la vostra presenza carica di venerazione mi invitate e incoraggiate a
introdurmi nella storia di fede che impregna da secoli questa vostra, e
ora anche mia, terra. Si tratta di una prima volta resa singolare dal
ritorno in questa Cattedrale, dopo dodici anni, per celebrarvi di nuovo
il dies natalis, il giorno della nascita al cielo del nostro santo patrono,
secondo la tradizione il 19 febbraio 1351. Motivi tutti che ci sollecitano
alla gratitudine e ravvivano in noi il desiderio di conoscere e imitare
questa figura di santo così cara al popolo cristiano tutto della nostra
chiesa netina.
Nella luce della Scrittura
Le letture bibliche appena proclamate portano alla nostra
attenzione in modo particolare quell’aspetto, senza dubbio centrale,
della vita e della santità di san Corrado che segna la rottura con un
passato, l’abbandono di una vita di agi nella società aristocratica della
Piacenza del suo tempo, per partire, come Abramo (cf. Gen 12,1-4a),
spinto da una chiamata irresistibile e affidandosi ad una promessa che
affondava nel mistero amoroso, che è anche amore misterioso, di Dio,
verso un futuro che doveva vedere noi e la nostra terra quali destinatari
prescelti di una elezione che la nostra comunità cristiana sente anche a
distanza di secoli più che mai viva. E davvero in lui incontriamo
l’emulatore di san Paolo che reputa come spazzatura tutto ciò che
conta agli occhi degli uomini, a confronto con l’amore di Dio e
l’adesione a Cristo come unico Signore della vita (cf. Fil 3,7-12); in san
Corrado soprattutto contempliamo una esemplare incarnazione del
discepolo di Gesù Cristo, che non teme di abbandonare tutto per il
regno di Dio e per la comunione con lui, Figlio incarnato dell’Eterno,
al fine di attendere solo dall’adesione a lui quel centuplo che non si
misura con calcoli e previsioni umane (cf. Mt 19,27-29), ma che egli è
intimamente certo di ricevere già nell’atto di vivere unito a lui in una
vita di preghiera, di rinuncia e di carità, appagata della comunione di
grazia sperimentata nella fede riscoperta e riabbracciata.
La scintilla della conversione
Proprio queste considerazioni, che scaturiscono dall’ascolto della
sacra Scrittura, conducono oltre, verso una domanda, o meglio invitano
a cercare il momento o il punto interiore della vicenda di Corrado in
cui scatta quella scintilla che lo condurrà a lasciar perdere tutto per
partire, prima nel cuore e poi nei fatti, verso terre sconosciute, ma già
presentite come luogo di grazia e terra di Dio, che ora sempre lo
accompagnerà senza mai più lasciarlo.
Mi piace pensare che c’è stato un ascolto all’origine di tutto lo
sconvolgimento che ha trasformato Corrado e ha fatto cambiare
direzione alla sua vita. Non penso ad un momento preciso o ad un
evento puntuale, anche perché la storia non ci consente di individuarlo,
e perché pure a tentare di immaginarlo c’è poco da guadagnarci per una
comprensione più vera e profonda della sua conversione. Non è
lontano dalla realtà, invece, pensare che egli era stato educato come i
rampolli delle nobili famiglie del tempo secondo sani principi morali e
in quella dottrina cristiana che costituiva l’humus religioso e culturale
del suo ambiente e del suo tempo. Non siamo lontani dalla realtà se
pensiamo a Francesco d’Assisi (1181-1226), al quale non sorprende che
venga accostato, anche lui cresciuto in un ambiente allo stesso tempo
intriso di religiosità e insieme di mondanità, vanità e fatuo benessere.
Ebbene, possiamo e dobbiamo dire che il seme della grazia era stato
depositato nel cuore di Corrado, già a partire dal suo battesimo; ancora
di più, la sua coscienza era stata coltivata, seppure l’età, le distrazioni,
le compagnie riducevano la sua attenzione religiosa forse a poco più di
una formale adesione e a qualche esteriore manifestazione rituale.
Questo ci permette però di pronunciare una affermazione importante: il
cuore di Corrado era stato lavorato e preparato dall’opera misteriosa
della grazia. Difficile dire fino a che punto era pronto e che cosa ne
sarebbe stato di lui senza quella vicenda, dall’avvio banale, di un
incendio rivelatosi di ben maggiori proporzioni e gravità rispetto alle
intenzioni iniziali e delle cui conseguenze era stato ormai indiziato un
innocente, ora condannato a pagarne ingiustamente la colpa. Difficile
dire soprattutto che cosa sarebbe stato di tutto ciò e di quanto poi seguì,
se Corrado non avesse sentito e ascoltato la voce della sua coscienza;
una coscienza educata al senso del bene, del vero, del giusto, in ultimo
al senso del vangelo, e che ora gli rimordeva dentro perché un
innocente era in procinto di pagare con la vita le conseguenze
disastrose del suo divertimento sconsiderato, impulsivo e pericoloso.
In ascolto della coscienza
Corrado non ha soffocato la voce della coscienza, formata e
plasmata dalle parole della fede e dall’azione dello Spirito santo, non si
è reso sordo e indifferente ad essa stordendosi dietro divertimenti insani
e degradanti o trovando giustificazioni fasulle ad un comportamento
semplicemente riprovevole; si è lasciato invece inquietare, interrogare,
mettere in discussione e, infine, giudicare e rimproverare dalla sua
coscienza, nella quale sentiva risuonare ultimamente la voce stessa di
Dio. Ora che aveva accettato di avere sbagliato, e di rischiare di
commettere uno sbaglio ancora più grave con la condanna, per colpa
sua, di un innocente, ora tutta la sua vita trascorsa gli appariva in una
luce nuova, alla quale essa si presentava non come motivo di vanto,
bensì di inutilità se non di vergogna e di ripugnanza – come la
spazzatura di cui parla oggi a noi san Paolo. Non solo ora nasce in lui il
desiderio di riparare il danno arrecato; nasce un bisogno molto più
grande e importante; nasce il desiderio di una vita nuova, diversa, che
non può essere la sua condizione sociale ed economica né la sua
compagnia di un tempo, fatta per i passatempi facili e disordinati, a
dargli, e nemmeno altre cose che avrebbero potuto allettarlo. Una vita
nuova gliela può dare ora soltanto il camminare con il suo Dio, il
mettersi in viaggio come e dietro a Gesù.
In viaggio con Dio
Straordinario questo viaggiare di Corrado, perché come vero
viaggio è allo stesso tempo un viaggio interiore ed esteriore, un viaggio
del cuore mentre si compie il cammino attraverso terre e contrade; è
soprattutto un viaggiare da solo, o meglio un viaggiare nell’unica
compagnia ormai possibile, quella del suo Signore accolto e ascoltato
con il cuore, nel segreto della coscienza, mentre i passi gliene fanno
scoprire la presenza pervasiva ad ogni angolo toccato dal suo
peregrinare. Ormai, dopo l’iniziale scoccare di scintilla, Corrado non
può fare a meno di ascoltare e dialogare con il suo Signore e, in lui,
imparare ad ascoltare ogni fratello incontrato, resogli tale, cioè fratello,
da null’altro che dall’umanità condivisa che come tale chiede
attenzione, premura, dedizione, nel nome di colui che fratello di tutti si
è fatto nella partecipata – per noi immeritata – figliolanza divina
acquistata con il sangue della sua croce.
A confronto con la nostra coscienza
Meditare così sulla figura del nostro santo patrono, Corrado
Confalonieri, non può essere senza effetti su di noi. Riscopriamo la sua
straordinaria attualità, quella della giustizia umana, che non rare volte
si trova a punire innocenti e a lasciar correre impuniti veri e gravi
colpevoli; ma anche attualità della giustizia umana capovolta nel suo
contrario prima e più che nelle aule dei tribunali, nei rapporti personali,
nei legami sociali degradati a luoghi e strumenti di sopraffazione nelle
piccole questioni e nei grandi interessi; e, ciò che è peggio, in quel
costume sempre più diffuso che vede i colpevoli conclamati circolare e
vantarsi delle proprie stesse soperchierie con la tracotanza di chi si sente
al di sopra di ogni legge e di ogni morale.
Devozione e imitazione
Anche noi siamo ancora in qualche modo il frutto di percorsi di
plasmazione cristiana della coscienza e della personalità, ma forse
abbiamo dimenticato che cosa significa voce della coscienza, rimorso,
desiderio di riparare il male, nostalgia di una vita diversa, di una vita
migliore, più giusta, fuori dall’abituale arroganza dei furbi e dei
prepotenti, che si illudono di farla sempre franca sino alla fine. Sapete
qual è, allora, l’interrogativo che solleva per ciascuno di noi la festa che
celebriamo? È semplicemente la domanda sulla coerenza tra il nostro
essere devoti di san Corrado e la nostra vita, la nostra vita privata e
anche quella pubblica. E la risposta su cui dobbiamo misurarci dice che
non ci sono devoti se non sono imitatori. Perciò ho l’ardire di affermare
che san Corrado non accetta la devozione, di più, respinge la falsa
devozione di chi viene qui a rendere omaggio e poi non ripara le offese
arrecate, non ripaga i danni procurati, non scarica su innocenti le
proprie colpe e non si prende la responsabilità dei propri errori; non sa
che farsene, alla fine, della falsa devozione di chi non si mette in ascolto
di Dio a partire dall’ascolto della propria coscienza.
Noto, 19 febbraio 2008
+ Mariano Crociata
Vescovo di Noto
L'Omelia di Sua Ecc. Rev.ma Mons. Mariano Crociata, la fotografia, sono stati reperiti dal bellissimo sito della Diocesi di Noto. Anche "La Vita Diocesana" - periodico della Diocesi di Noto del 2 marzo 2008, riporta questa importante e significativa Omelia che deve necessariamente essere portata alla conoscenza dei Devoti di ogni luogo.