LETTURE DEL BLOG N. 120.882 AL 24 GENNAIO 2024

OMELIA

Tenuta nella CATTEDRALE DI NOTO

Dal VESCOVO MONS. MARIANO CROCIATA






Solennità di S. Corrado

19 febbraio 2008



Cari fratelli e sorelle,

consentitemi innanzitutto di esprimere la mia gioia di partecipare

per la prima volta a questa solennità, insieme agli eccellentissimi

vescovi emeriti, ai presbiteri e diaconi, ai seminaristi, al coro, alle

autorità cittadine e a voi tutti, cari fedeli e devoti di san Corrado, che

con la vostra presenza carica di venerazione mi invitate e incoraggiate a

introdurmi nella storia di fede che impregna da secoli questa vostra, e

ora anche mia, terra. Si tratta di una prima volta resa singolare dal

ritorno in questa Cattedrale, dopo dodici anni, per celebrarvi di nuovo

il dies natalis, il giorno della nascita al cielo del nostro santo patrono,

secondo la tradizione il 19 febbraio 1351. Motivi tutti che ci sollecitano

alla gratitudine e ravvivano in noi il desiderio di conoscere e imitare

questa figura di santo così cara al popolo cristiano tutto della nostra

chiesa netina.

Nella luce della Scrittura

Le letture bibliche appena proclamate portano alla nostra

attenzione in modo particolare quell’aspetto, senza dubbio centrale,

della vita e della santità di san Corrado che segna la rottura con un

passato, l’abbandono di una vita di agi nella società aristocratica della

Piacenza del suo tempo, per partire, come Abramo (cf. Gen 12,1-4a),

spinto da una chiamata irresistibile e affidandosi ad una promessa che

affondava nel mistero amoroso, che è anche amore misterioso, di Dio,

verso un futuro che doveva vedere noi e la nostra terra quali destinatari

prescelti di una elezione che la nostra comunità cristiana sente anche a

distanza di secoli più che mai viva. E davvero in lui incontriamo

l’emulatore di san Paolo che reputa come spazzatura tutto ciò che

conta agli occhi degli uomini, a confronto con l’amore di Dio e

l’adesione a Cristo come unico Signore della vita (cf. Fil 3,7-12); in san

Corrado soprattutto contempliamo una esemplare incarnazione del

discepolo di Gesù Cristo, che non teme di abbandonare tutto per il

regno di Dio e per la comunione con lui, Figlio incarnato dell’Eterno,

al fine di attendere solo dall’adesione a lui quel centuplo che non si

misura con calcoli e previsioni umane (cf. Mt 19,27-29), ma che egli è

intimamente certo di ricevere già nell’atto di vivere unito a lui in una

vita di preghiera, di rinuncia e di carità, appagata della comunione di

grazia sperimentata nella fede riscoperta e riabbracciata.

La scintilla della conversione

Proprio queste considerazioni, che scaturiscono dall’ascolto della

sacra Scrittura, conducono oltre, verso una domanda, o meglio invitano

a cercare il momento o il punto interiore della vicenda di Corrado in

cui scatta quella scintilla che lo condurrà a lasciar perdere tutto per

partire, prima nel cuore e poi nei fatti, verso terre sconosciute, ma già

presentite come luogo di grazia e terra di Dio, che ora sempre lo

accompagnerà senza mai più lasciarlo.

Mi piace pensare che c’è stato un ascolto all’origine di tutto lo

sconvolgimento che ha trasformato Corrado e ha fatto cambiare

direzione alla sua vita. Non penso ad un momento preciso o ad un

evento puntuale, anche perché la storia non ci consente di individuarlo,

e perché pure a tentare di immaginarlo c’è poco da guadagnarci per una

comprensione più vera e profonda della sua conversione. Non è

lontano dalla realtà, invece, pensare che egli era stato educato come i

rampolli delle nobili famiglie del tempo secondo sani principi morali e

in quella dottrina cristiana che costituiva l’humus religioso e culturale

del suo ambiente e del suo tempo. Non siamo lontani dalla realtà se

pensiamo a Francesco d’Assisi (1181-1226), al quale non sorprende che

venga accostato, anche lui cresciuto in un ambiente allo stesso tempo

intriso di religiosità e insieme di mondanità, vanità e fatuo benessere.

Ebbene, possiamo e dobbiamo dire che il seme della grazia era stato

depositato nel cuore di Corrado, già a partire dal suo battesimo; ancora

di più, la sua coscienza era stata coltivata, seppure l’età, le distrazioni,

le compagnie riducevano la sua attenzione religiosa forse a poco più di

una formale adesione e a qualche esteriore manifestazione rituale.

Questo ci permette però di pronunciare una affermazione importante: il

cuore di Corrado era stato lavorato e preparato dall’opera misteriosa

della grazia. Difficile dire fino a che punto era pronto e che cosa ne

sarebbe stato di lui senza quella vicenda, dall’avvio banale, di un

incendio rivelatosi di ben maggiori proporzioni e gravità rispetto alle

intenzioni iniziali e delle cui conseguenze era stato ormai indiziato un

innocente, ora condannato a pagarne ingiustamente la colpa. Difficile

dire soprattutto che cosa sarebbe stato di tutto ciò e di quanto poi seguì,

se Corrado non avesse sentito e ascoltato la voce della sua coscienza;

una coscienza educata al senso del bene, del vero, del giusto, in ultimo

al senso del vangelo, e che ora gli rimordeva dentro perché un

innocente era in procinto di pagare con la vita le conseguenze

disastrose del suo divertimento sconsiderato, impulsivo e pericoloso.

In ascolto della coscienza

Corrado non ha soffocato la voce della coscienza, formata e

plasmata dalle parole della fede e dall’azione dello Spirito santo, non si

è reso sordo e indifferente ad essa stordendosi dietro divertimenti insani

e degradanti o trovando giustificazioni fasulle ad un comportamento

semplicemente riprovevole; si è lasciato invece inquietare, interrogare,

mettere in discussione e, infine, giudicare e rimproverare dalla sua

coscienza, nella quale sentiva risuonare ultimamente la voce stessa di

Dio. Ora che aveva accettato di avere sbagliato, e di rischiare di

commettere uno sbaglio ancora più grave con la condanna, per colpa

sua, di un innocente, ora tutta la sua vita trascorsa gli appariva in una

luce nuova, alla quale essa si presentava non come motivo di vanto,

bensì di inutilità se non di vergogna e di ripugnanza – come la

spazzatura di cui parla oggi a noi san Paolo. Non solo ora nasce in lui il

desiderio di riparare il danno arrecato; nasce un bisogno molto più

grande e importante; nasce il desiderio di una vita nuova, diversa, che

non può essere la sua condizione sociale ed economica né la sua

compagnia di un tempo, fatta per i passatempi facili e disordinati, a

dargli, e nemmeno altre cose che avrebbero potuto allettarlo. Una vita

nuova gliela può dare ora soltanto il camminare con il suo Dio, il

mettersi in viaggio come e dietro a Gesù.

In viaggio con Dio

Straordinario questo viaggiare di Corrado, perché come vero

viaggio è allo stesso tempo un viaggio interiore ed esteriore, un viaggio

del cuore mentre si compie il cammino attraverso terre e contrade; è

soprattutto un viaggiare da solo, o meglio un viaggiare nell’unica

compagnia ormai possibile, quella del suo Signore accolto e ascoltato

con il cuore, nel segreto della coscienza, mentre i passi gliene fanno

scoprire la presenza pervasiva ad ogni angolo toccato dal suo

peregrinare. Ormai, dopo l’iniziale scoccare di scintilla, Corrado non

può fare a meno di ascoltare e dialogare con il suo Signore e, in lui,

imparare ad ascoltare ogni fratello incontrato, resogli tale, cioè fratello,

da null’altro che dall’umanità condivisa che come tale chiede

attenzione, premura, dedizione, nel nome di colui che fratello di tutti si

è fatto nella partecipata – per noi immeritata – figliolanza divina

acquistata con il sangue della sua croce.

A confronto con la nostra coscienza

Meditare così sulla figura del nostro santo patrono, Corrado

Confalonieri, non può essere senza effetti su di noi. Riscopriamo la sua

straordinaria attualità, quella della giustizia umana, che non rare volte

si trova a punire innocenti e a lasciar correre impuniti veri e gravi

colpevoli; ma anche attualità della giustizia umana capovolta nel suo

contrario prima e più che nelle aule dei tribunali, nei rapporti personali,

nei legami sociali degradati a luoghi e strumenti di sopraffazione nelle

piccole questioni e nei grandi interessi; e, ciò che è peggio, in quel

costume sempre più diffuso che vede i colpevoli conclamati circolare e

vantarsi delle proprie stesse soperchierie con la tracotanza di chi si sente

al di sopra di ogni legge e di ogni morale.

Devozione e imitazione

Anche noi siamo ancora in qualche modo il frutto di percorsi di

plasmazione cristiana della coscienza e della personalità, ma forse

abbiamo dimenticato che cosa significa voce della coscienza, rimorso,

desiderio di riparare il male, nostalgia di una vita diversa, di una vita

migliore, più giusta, fuori dall’abituale arroganza dei furbi e dei

prepotenti, che si illudono di farla sempre franca sino alla fine. Sapete

qual è, allora, l’interrogativo che solleva per ciascuno di noi la festa che

celebriamo? È semplicemente la domanda sulla coerenza tra il nostro

essere devoti di san Corrado e la nostra vita, la nostra vita privata e

anche quella pubblica. E la risposta su cui dobbiamo misurarci dice che

non ci sono devoti se non sono imitatori. Perciò ho l’ardire di affermare

che san Corrado non accetta la devozione, di più, respinge la falsa

devozione di chi viene qui a rendere omaggio e poi non ripara le offese

arrecate, non ripaga i danni procurati, non scarica su innocenti le

proprie colpe e non si prende la responsabilità dei propri errori; non sa

che farsene, alla fine, della falsa devozione di chi non si mette in ascolto

di Dio a partire dall’ascolto della propria coscienza.

Noto, 19 febbraio 2008

+ Mariano Crociata

Vescovo di Noto



L'Omelia di Sua Ecc. Rev.ma Mons. Mariano Crociata, la fotografia, sono stati reperiti dal bellissimo sito della Diocesi di Noto. Anche "La Vita Diocesana" - periodico della Diocesi di Noto del 2 marzo 2008, riporta questa importante e significativa Omelia che deve necessariamente essere portata alla conoscenza dei Devoti di ogni luogo.



Per approfondire

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