19 febbraio – S. Corrado da Piacenza
dal volume «Il Santo del giorno»
di Mario Sgambossa-Luigo Giovannimi
Ed. Paoline 1986, pp-94-95
Gli ecologi, cioè coloro che si dedicano allo studio e alla difesa dell’ambiente naturale, probabilmente non troveranno simpatico questo santo, che durante una battuta di caccia, per snidare la selvaggina e riempire il carniere di lepri e fagiani, non esitò ad appiccare il fuoco al bosco. Per placare le ire dei coloni, che ebbero distrutti dalle fiamme raccolti e cascinali, il governatore di Piacenza, Galeazzo Visconti, fece condannare a morte il primo malcapitato che ebbe tra le mani, la cui sola colpa era quella di essersi trovato nella foresta durante il pauroso falò.
Il vero colpevole, Corrado Confalonieri, classe 1290, regolarmente coniugato, di porfessione soldato di ventura, nato e anagraficamente residente a Piacenza, era fondamentalmente un galantuomo (piromania a parte), perciò non esitò a costituirsi quando seppe che un innocente avrebbe pagato con la morte il suo atto di leggerezza. Dopo aver confessato il malfatto, Corrado si disse disposto a risarcire i danni. E così fece, riducendosi in povertà. Poiché le vie del Signore sono infinite, il piromane cacciatore di frodo, attitudine poco francescana, approdò pentito ma in pace con la propria coscienza al Terz’ordine francescano di Calendasco, nel 1315, dopo essersi separato consensualmente dalla moglie Eufrosina la quale, per non essere da meno del marito, si rinchiuse nel monastero francescano di S. Chiara di Piacenza.
Il vero colpevole, Corrado Confalonieri, classe 1290, regolarmente coniugato, di porfessione soldato di ventura, nato e anagraficamente residente a Piacenza, era fondamentalmente un galantuomo (piromania a parte), perciò non esitò a costituirsi quando seppe che un innocente avrebbe pagato con la morte il suo atto di leggerezza. Dopo aver confessato il malfatto, Corrado si disse disposto a risarcire i danni. E così fece, riducendosi in povertà. Poiché le vie del Signore sono infinite, il piromane cacciatore di frodo, attitudine poco francescana, approdò pentito ma in pace con la propria coscienza al Terz’ordine francescano di Calendasco, nel 1315, dopo essersi separato consensualmente dalla moglie Eufrosina la quale, per non essere da meno del marito, si rinchiuse nel monastero francescano di S. Chiara di Piacenza.
Dentro il saio francescano palpitava ancora il cuore dell’errabondo uomo d’arme. Dopo anni di pio vagabondaggio da un santuario all’altro, fra Corrado, varcato lo stretto di Messina, nel 1343 raggiunse la verde pianura di Avola, oltre Siracusa, fustigata già dall’abbagliante luce del caldo sole che già a capodanno schiude le gemme dei mandorli; proseguì tra le fosse dei monti e si stabilì nella cittadina di Noto. Scelse a dimora una cella accanto alla chiesa del Crocifisso.. La fama della sua santità lo seguiva come l’ombra e comprometteva la pace e il silenzio che tanto ambiva.
Quando si accorse che le troppe visite gli sottraevano il tempo dedicato all’orazione, fra Corrado levò nuovamente le tende e andò a rintanarsi, non scontrosamente ma umilmente, nella grotta solitaria dei Pizzoni che il popolo avrebbe battezzata come “grotta di san Currau”. Ivi morì il 19 febbraio 1351. Per la venerazione che i notigiani avevano per l’eremita, venuto dalla natìa Piacenza ad abitare in mezzo a loro, fra Corrado venne sepolto nella più bella tra le splendide chiese di Noto, la chiesa di S. Nicolò che nel 1844 divenne la cattedrale della nuova diocesi.
dal volume «Il Santo del giorno»
di Mario Sgambossa-Luigo Giovannimi
Ed. Paoline 1986, pp-94-95
di Mario Sgambossa-Luigo Giovannimi
Ed. Paoline 1986, pp-94-95