LETTURE DEL BLOG N. 120.882 AL 24 GENNAIO 2024

NOTE al Testo del Prof. Delpopolo

54 E ne sono stati pubblicati gli atti (Noto 1992).

55 Come ha dimostrato ROTOLO, Vita Beati Corradi; dove si veda pure la bibliografia, pp. XIXVII,

alla quale si aggiunga la voce Corrado Confalonieri, in A. CATTABIANI, Santi d’Italia. Vite leggende iconografia feste patronati culti,Milano, Rizzoli, 1999 (nuova ed. riveduta e aggiornata), vol. I,

A-G; la voce, divulgativa, contiene pero` le sviste tradizionali, cominciando dall’abbaglio sul nome del confessore, Eugenio Guidi, errore di lettura del ms., creduto autore della Vita, ed altre ancora. Si veda poi la voce di S. DICHTFIELD, in Il grande dizionario dei Santi. Dizionario enciclopedico, diretto da C. LEONARDI, A. RICCARDI, G. ZARRI, Cinisello Balsamo, Paoline, 1998; ma nella bibliografia, che giunge al ’95, e` omessa l’ed. critica del Rotolo. Taccio della superata ed errata voce della Bibliotheca Sanctorum, aggiunta invece nella Biblioteca Agiografica Italiana (BAI). Repertorio di testi e manoscritti, secoli XIII-XV, a cura di J. DALARUN - L. LEONARDI et alii, Firenze, Edizioni del Galluzzo,

2003, pp. 176-177. Cito dall’ed. Rotolo, indicando numerazione delle righe, conservandone

grafia, ma non sempre la punteggiatura; eventuali interventi saranno segnalati. Un’osservazione: i vari editori si sono legati in modo troppo devozionale al ms., trascrivendo il testo seguendone le

righe, quasi feticisticamente; forse sarebbe piu` semplice per lo studioso e per ogni lettore avere

una commatizzazione, in modo che si possano fare i rimandi ai capitoli ed ai versetti, come un uso secolare – modello e` il libro sacro per eccellenza – ormai ci ha insegnato.

56 ROTOLO, Vita Beati Corradi, p. 10.

57 Nelle sue due edizioni critiche, sopra citate.

58 CRACCO, Per la storia religiosa della Sicilia, pp. 134-136.

59 chi: qui e altrove la grafia ch indica la palatale, mentre per la sorda spesso si trova k; si tenga presente, pero` , che la regola non e` costante.

60 ROTOLO, Vita Beati Corradi, p. 4.

61 Il copista ringraziando Dio, quasi in un colophon, aggiunge: «Anno Domini incarnacionis

Millo CCCºL’ quando recessit ab hac vita»: il valore da dare a quando lascia perplessi, poiche´

comincia una temporale e viene a mancare la principale. Se si intuisce facilmente che il soggetto

e` Corrado, non si sa poi che cosa accadde quando recessit. Un dubbio: se invece di quando ci fosse stato scritto nell’originale Currado? (Non mi disturba la commistione di latino e volgare). Si veda la nota di Rotolo, che dice che Curti legge quo, B (una copia ms. recenziore) legge qui, A (il ms. e

con questo il Rotolo) quando. E` evidente che si ha un’abbreviazione. Del resto, il millo deve quasi certamente avere il segno abbreviativo per millesimo, poiche´ non parrebbe accettabile tale metaplasma. Si aggiunga a proposito di tempo, alle osservazioni di ROTOLO, Vita Beati Corradi, p. 135, nota, che la nostra Vita scorre senza indicazioni temporali, se non generiche, secondo il tipo evangelico

e liturgico; in illo tempore, infatti, e` l’incipit quotidiano nel Vangelo della messa. Se poi si guardano i Fontes Franciscani, mi pare che lo scorrere del tempo sia quasi sempre vago.

62 «Et lu beatu Corradu rispusi e dissi» (r. 82): nella dittologia scorgo il calco di respondit

dicens del latino (biblico), ma potrebbe essere dell’autore, denotando cosı` familiarita` dello scrittore con i moduli linguistici dotti.

63 Accenna alle ortiche di Benedetto CRACCO, Per la storia religiosa della Sicilia, p. 135, con

la conclusione: «La Vita del beato Corrado e` piu` vicina alla Vita di Antonio che ai Dialoghi di

Gregorio Magno». La tentazione riguarda le primizie, non tanto i fichi, che per i padri del deserto,

e per Ilarione in particolare, erano l’unico cibo («herbarum succo et paucis caricis», HIERONYMI,

Vita Hilarionis, 3.5). Il testo dice: «... primeri ficu... cussı` maturi», ROTOLO, Vita Beati

Corradi, p. 142. «Primizie sono le cose primaticcie, le quali per la sua novita` piu` piaceno»: cosı` il

BUTI (voce primaticcio, in S. BATTAGLIA, Grande Dizionario della lingua italiana (GDLI), Torino, UTET, 1961-2002; ivi pure fico primaticcio e poi ficofiore).

64 HIERONYMI, Vita Hilarionis, mette in evidenza nell’incidentale: «Hilarion ortus vico Thabata

[...] cum haberet parentes idolis deditos, rosa, ut dicitur, de spinis floruit» (2.1).

65 Francesco ai suoi frati mostra una borsa con danaro, da cui esce un serpente (Vita secunda.

Cap. XXXVIII. De pecunia versa in colubrum, in Fontes Franciscani, pp. 506-507).

66 Non si deve dimenticare che il vino e` materia del sacrificio eucaristico, con il pane; i pesci,

di cui si trova anche accenno, sono uno dei due elementi della moltiplicazione miracolosa di Cristo.

67 Non sono riuscito ad individuare questo ‘formaggio rosso’, pur avendo consultato glossari

e dizionari, compresa la PL in Cd-rom. Isidoro non dice quasi nulla sul formaggio: «Caseum

vocari quod careat serum, quasi careum; nam serum ei nomen omne deducitur ut ponderibus

arguatur» (Etym. XX ii 33; cito da Etimologie o Origini di Isidoro di Siviglia, a cura di A. VALASTRO

CANALE, Torino, UTET, 2004; testo del LINDSAY, Oxford, 1911, con revisioni); di rosseggiante

conosce solo il pane: «Rubidus, recoctus et rubefactus» (Etym. XX ii 15). Papia scrive:

«Caseus dictus quod caret sero; vulgo formaticum» (PAPIAS Vocabulista, Impressum Venetiis

per Philippum de Pincis Mantuanum, Anno Domini Mccccxcyi. Die. xix. Aprilis; anast. Torino, Bottega d’Erasmo, 1966); Uguccione da Pisa ripete Isidoro (UGUCCIONE DA PISA, Derivationes, ed. critica princeps a cura di E. CECCHIN et alii, Firenze, SISMEL, 2004). Accenni generici al tempo di maturazione e al tipo di formaggio, ma non al colore, ho trovato nel Libreto de lo Excellentissimo physico MAISTRO MICHELE SAVONAROLA, De tutte le cose che se manzano comunamente,

in Venetia, per Bernardino Benalio Bergomense, a.D. 1515, a dı` 16 Luio, cc. 42v-43r

(ed. fototipica, Padova, Studio Editoriale Programma, 1991); il Savonarola, vissuto dal 1384

ca. al 1468, e` avo del piu` famoso Girolamo, il frate domenicano. Non accenna a problemi di colore

del latte la PANTHALEONIS DE CONFLENTIA Summa Lacticiniorum (manca l’indicazione di stampa nella copia conservata a Torino, Biblioteca Nazionale, Ris. 47.30; ma: «Impressum Lugduni,

per Antonium Blanchard, 1525 die vii Januarii»).

68 La voce qui conserva il significato etimologico arabo, per metonimia (il contenuto per il

contenitore). In BATTAGLIA, GDLI, voce cassata, non ci sono esempi di questo tipo, se non quello

moderno di dolce.

69 «Vile e` l’orzo tra tutte l’altre biade» scrive GUIDO DA PISA (s. v. orzo, in GDLI); e si veda

la frase, alla voce zotico, di GIOVANNI DOMINICI: «Colui che colla sola parola pacifico` il tempestoso mare, ... colla sua santissima mano benedica questo zotico pane d’orzo»; «Il pan adoncha de lui facto non e` bon como e` quel del formento. Ma antiquamente, che la natura humana molto era piu` forte, lo usavano. Li mortali hora hano i stomachi tropo delicati»: cosı` si legge a c. 5r,

capitoletto De l’orzo, in SAVONAROLA, Libreto, cit. Ricordo che i pani moltiplicati da Cristo in Io 6, 9 erano: «quinque panes hordiacios»!

70 Queste coltivazioni sembrano fare da contrapasso alla devastazione dell’incendio, causa

della conversione: «lu focu [...] arsi multi arbori et campi et vigni et jardini» (rr. 20-21).

71 La parola, che richiama comunque gli antichi eremiti, significa soltanto ‘luogo solitario’;

nel nostro Medio Evo, spesso la selva sostituisce l’eremitorio.

72 Termine con cui tutt’oggi si indicano le coltivazioni di frutta.

73 «... bellissima palma... fonte d’acqua viva, e chiarissima»: cosı` il CAVALCA, Cinque vite di

eremiti, p. 87.

74 Cito da La vita et la morti di lu beatu Honofriu, Testo in volgare siciliano del sec. XV, a

cura di L. LORENZINI, Messina-Soveria Monnelli, Rubettino Editore, 1953: Panunzio trova un luogo ricco di alberi, che «eranu palmi, czincziparu, rosi et unu pocu di vigna, menduli,

chitri et altri arbori, li quali tutti eranu carricati di frutti, et lu loru sapuri era piu` dulchi di me` li. Et l’acqua di la fontana curria et abivirava tutti li preditti arbori, in li quali, havendu plachiri, mi cridia essiri in lu paradisu di Deu» (p. 67; e cfr. la mia recensione, che riporta

la lezione di vari testi in latino, in «Studi e problemi di critica testuale», LII, 1996, pp. 181-189). Questo volgarizzamento si puo` accostare alla vita di Corrado, perche´ indice di diffusione di testi eremitici.

75 Mi sembra sia scontato pensare che il lettore di altri testi eremitici potra` trovare altri riferimenti;

cio` conferma la natura stessa di queste vite.

76 HIERONYMI, Vita Hilarionis, 21. 2-7.

77 Se il testo e` corretto, si osservi che qui si dice Vallo di Noto, mentre al r. 110 tutta la valli

di Nothu.

78 Si noti la grafia qui costante ki... chi, una gutturale e l’altra palatale. L’ultima frase e` memoria

di Ps 21, 17: «Circumdederunt me canes multi»?

79 Anche oggi, settembre 2006, ci rendiamo conto della realta` di quest’affermazione per i

profughi che talora sbarcano proprio nella zona.

80 HIERONYMI, Vita Hilarionis, 20. 2: «Concurrebant episcopi».

81 A monte c’e` TOMMASO DA CELANO, Vita secunda. Cap. XLVIII.78-79: De membro caponis

apud Alexandriam verso in piscem. La popolarita` dell’exemplum era ancora vivo in Sicilia verso il

1950, come ho sentito dagli anziani; protagonista, pero` , era san Francesco di Paola, a cui si voleva

dare in cibo un pollo (si ricordi che i Minimi non mangiavano carne), ma egli fece vedere le lische

del pesce che, previdente, aveva conservate. Faccio notare, per la narrazione, che i giovani mettono

in risalto il giorno, quando invitano Corrado: «O patri, vuliti viniri hogi a consolacioni, ka esti lu venniri, a consolacioni per lu amuri di Deu a maniari cum nui?» (rr. 393-394). L’inganno e` sfacciatamente presentato per amor di Dio (BATTAGLIA, GDLI, voce consolazione: «fare consolazione» del Cavalca e` spiegato: ‘partecipare alla stessa mensa’).

82 ROTOLO, Vita Beati Corradi, p. 158, nota al r. 440, scrive: «dubitu: voce popolare, ma piu`

comunemente: dubbiu». Invero la frase: «Viniti jza` , frati mey, non aiati dubitu» detta da Corrado,

vuol dire ‘non temete’, dal prov. dobtar <> ‘dottare‘ (ant. ital.); la voce e` pertanto sinonimo

di dottanza, che nell’OVI ha come primo significato ‘timore’, con attestazioni che partono

da Giacomo da Lentini attraversano l’Italia, con tanti esempi, fra i quali: «Accurso di Cremona,

1321/37 (mess.), L. 9, cap. 13, vol. 2, pag. 231.29: O pacha fidi di jurari per infelici duttanza di morti! Ma tu, smisurata dulciza di ritiniri lu spiritu, aduci quisti cutal fururi, certu contrastandu a lu modu di la rasuni, la quali cummandau amari la vita et non timiri la morti».

Stesso discorso vale per p. 161, dove si trova identica espressione.

83 ROTOLO, Vita Beati Corradi, p. 159: «... dissi la iusticia: ‘‘Di veritati», spiegando in nota

«e` una forma di giuramento»; credo migliore l’imperativo: ‘... dissero i giudici: dicci la verita` ... e

Corrado disse la verita` ’. Si osservi la grafia iustica e justica (rr. 458-459); se non e` errore di

stampa, dato che si legge anche iusticia, potrebbe trattarsi di un relitto grafico, conservato dal

copista; non si dimentichi pero` che ci troviamo in area laterale e non si puo` per questo dare una datazione troppo remota.

84 Si noti la commistione di discorso diretto ed indiretto.

85 Questo miracolo segue quello in cui il masso viene spostato, piu` che per la forza del gruppo, per il segno di croce del santo. Questo e` pure un topos: gia` proprio all’inizio del Lib. I dei Dialogi di Gregorio Magno ci sono due casi: uno nella vita di Onorato, dove un masso sovrastava il monastero, con pericolo dei monaci tutti, ma con un solo segno di croce resta fissato ai

fianchi del monte; l’altro nella vita di Nonnoso, che sposta con la preghiera un masso per allargare

l’orticello (I, 1.4; I, 7.2).

86 Il primo miracolo di Ilarione e` quello di dare fiducia ad una donna sterile, che, per la preghiera dell’eremita, passato l’anno torna con un figlio. Fra i miracoli di Francesco d’Assisi, la guarigione dell’ernia era abbastanza comune: il cap. XIII del Tractatus de miraculis e` De ruptis reparatis; il ragazzo settenne guarito da Corrado «era ructu di li bursi di baxu»

(rr. 135-136).

87 Le vite antiche di Iacopone da Todi, a cura di E. MENESTO ` , Spoleto, Centro Italiano di

Studi sull’Alto Medioevo, 1991 (1ª ed. 1977), p. 13. Per un discorso generale sulla coratella guasta,

cfr. p. XXX. Per la datazione, cfr. lo stemma codicum a p. LVI. Il testo edito dal TOBLER e` del

sec. XV, ma la Vita primitiva, comunque, secondo lo studioso, risale alla fine del secolo XIV. Ho

inserito, al solito, punteggiatura e maiuscole.

88 Segnalo col corsivo parti visibilmente vicine alla Vita iacoponica. Per i rimandi biblici del

testo, cfr. ROTOLO, Vita Beati Corradi, ad locum.

89 Costrutto col dativo (ingannara).

90 fichi: qui palatale; ma nell’episodio dei fichi la grafia e` identica.

91 Quasi certamente la j indica una affricata prepalatale sonora (non e` certo mania`ri: ‘maneggiare’);

piu` avanti, il verbo e` scritto con i; ho messo l’accento per rimarcare questa ambiguita`grafica.

92 ROTOLO, Vita Beati Corradi, p. 148, n. 2, vorrebbe correggere di l’anca, ma la longa e` la

lombata.

93 ROTOLO, Vita Beati Corradi, scrive, qui e altrove: Bartuchu lu Longu; mi pare piu` semplice

Bartucciolo Longo. Trovo nell’OVI, voce ciriegio: «Doc. perug., 1322-38, pag. 120.42: De(m)mo a Martino de Bartucciolo e a Ciuccio de Venutolo p(er) uno leno de ciriescia, a dı` iiij d’octovere, s. xl»; voce annona, in «Annali e Cron. di Perugia, c. 1327-36 (perug.), pag. 208.24: Fone soprestante de la ditta uopra maestro Anbrogio, el quale fo maestro de l’anona, e Buttolo de Bartucciolo fo el massaio a pagare egl maestre e gl manovagle e tutte le spese de la ditta uopra». Sul sito Internet GENS non esiste alcuna delle seguenti forme: Il Longo, Il Lungo, Lo Longo, Lo Lungo; e nelle Pagine bianche in rete non ho trovato questo cognome; la Longa, «una piccina che badava a tessere,

salare le acciughe, e far figliuoli, da buona massaia», e` chiamata, per quella forma di antifrasi che

ispira i nomignoli popolari, la moglie di Bastianazzo nei Malavoglia. Infine, «fra Filippo Lungo fu toccato le labbra dall’angelo col carbone del fuoco, come fu Isaia profeta» (Fioretti, I. 5).

94 Con solita alternanza di singolare e plurale.

95 ROTOLO, Vita Beati Corradi: vuulinteri, rimarcando la grafia del ms., che mi sembra errata;

piu` sotto vulinteri, richiamo stilistico iterato. Anche gli altri due donatori dei miracoli seguenti

dicono lo stesso avverbio.

96 Si noti l’ordine sintattico, con il predicato spesso anteposto al soggetto.

97 Ripresa con et dopo proposizione temporale.

98 auchidi: ma in Mt 15, 11 si tratta di coinquinat: «Non quod intrat in os coinquinat hominem, sed quod procedit ex ore hoc coinquinat hominem».

99 Il sintagma vita ordinata (ripetuto nell’altra tentazione sul cibo), con la variatio che segue

penitencia ordinata, e` un tassello di Ilarione: «Sicque complens ordinem vitae numquam ante solis occasum, nec diebus festis, nec in gravissima valetudine, solvit ieiunium» (HIERONYMI, Vita Hilarionis,

5. 1). Tutta la vita di Corrado e` ordinata: nel suo primo fermarsi a Noto, lavorava la terra «aumentandu lu locu ordinatamenti» (r. 91); ed anche il secondo giardino «ordinatamenti edificau» (r. 115); e piu` avanti: mangiava e beveva «a misura ordinatamenti [...] Et andava scalzu cum la tonica in carni et omne cosa fachia cum misura ordinatamenti» (rr. 569, 573-575); addirittura

«amagistrau multu ordinatamenti» (r. 523) alle fatiche corporali e spirituali quel giovane che a lui

si era affidato per servire Dio (nel capitolo, pero` , si intromette la tentazione carnale per il giovane,

che, cedendo, lascia l’eremo, e fara` brutta fine, come profetizzato da Corrado).

100 Nella tentazione dei fichi si trova mala Cogitacioni, sinonimo di ‘diavolo’ (r. 318). Ricordo

che l’albero a cui si accosta era una «ficu ki ’ndi havia multi ficu» (r. 321): ora, in HIERONYMI,

Vita Hilarionis, 3.1, si legge che l’eremita «quindecim tantum caricas post solis occasum

comedens»: l’espressione siciliana e` forse reminiscenza (traduzione) di caricas?

101 Perche´ ispiratore della Scrittura, o, forse, per un errore del santo (o del copista?), dato

che il diavolo ne sa una in piu` ... Si noti pero` nella tentazione seguente la corretta attribuzione.

102 «Anche questo testo deriva da Qo (= Ecc[lesiaste]) 9, 12: ‘‘L’uomo ... [e` ] simile ai pesci

che sono presi dalle reti. Ma la frase: lu pixi esti pigliatu per la bucca et a la gula ripete un proverbio siciliano» (ROTOLO, Vita Beati Corradi, p. 149, nota).

103 Prendo l’appunto da M. LEONARDI, Intertestualita` ed intratestualita` nelle laude di Jacopone da Todi, Tesi di dottorato in Tradizioni linguistico-letterarie nell’Italia antica e moderna,

XVII, Universita` degli Studi del Piemonte Orientale «A. Avogadro», Tutore prof. S. Prandi,Coordinatore prof. C. Marazzini, A.A. 2003-2004, pp. 151-152. Lo studioso, per provare la fortuna

del topos, cita Isidoro, Andrea Capellano, poeti provenzali, Cielo d’Alcamo ed altri.

104 Si noti nella narrazione il bonu/bona ripetuto quasi come unico aggettivo.

105 Ho modificato la punteggiatura di ROTOLO, Vita Beati Corradi, p. 150: «... la quali li sapissi bona, et vinendu spissu quistu pensamentu, ki non putia sufferiri. Et eccu...», tanto che lo studioso commenta a ki: «La presenza di questo pronome relativo rende dura l’espressione, ma la frase ha un sapore siciliano tipico». La Et prima di eccu e` una ripresa dopo l’incidentale, con ripetizione di et.

106 Periodo ipotetico con doppio congiuntivo.

107 La rima in -ati mette in evidenza due versicoli.

108 Il tempo non e` concordato, quasi sottintendendo avendo, in una forma di participio assoluto.

109 Mentre Corrado «accumenza a ffari penitencia», il demonio «accumenza a ssermunizzari»: il verbo, messo in risalto dalla struttura sintattica, e` pregno: ‘il diavolo fa il sermone’, cosı`

il santo agisce e il diavolo predica.

110 La carita` , intesa come elemosina, ma fatta ‘per l’amore di Dio’, diventa il perno del discorso

diabolico, tanto che la frase e` conclusa in modo circolare: non si perda la caritati.

111 oy ordinata vita: anche questa potrebbe essere una glossa.

112 miscati: da riferire a pinni.

113 HIERONYMI, Vita Hilarionis, 3.4. Pero` , poi, il pane d’orzo e verdura poco cotta e senza olio furono suo cibo dai 31 ai 35 anni (5.3), e, per necessita` curative, fino a 63 aggiunse un poco d’olio; dai 64 agli 80 si astenne dal pane e mangiava una zuppa di farina e di verdura tritata. La carne per lui non esisteva.

114 Per la tentazione Satana non si muove da solo, tanto che il secondo verbo e` concordato a senso; comunque la conclusione e` «non lu pottiru temptari», cioe` ‘vincere’, e il diavolo torna all’attacco.

115 Si noti ancora questa concordanza.

116 Francesismo, gia` presente nel Tesoretto; ma anche «dulchi amicu meu» (r. 102) e` sintagma letterario (Tristano Riccardiano, Dante, Petrarca, etc.).

117 Prolessi dell’oggetto, ripetuto con il pronome. Tratto stilistico che si ripete, ad esempio, nella preghierina che il santo insegna al devoto (di cui parlo subito dopo).

118 Il Curti interpreta vetraio; ma giustamente dice vecchio il ROTOLO, Vita Beati Corradi,

p. 157, in nota; infatti, si tratta di VET(E)RANU(M)> vitranu; il suffisso -anus e` per lo piu` indicativo di nomi di abitanti, indicando l’appartenenza (cfr. G. ROHLFS, Grammatica storica della lingua

italiana e dei suoi dialetti, Torino, Einaudi, 1966-1969, § 1092; suffisso per i mestieri e` -iere, -iero

§ 113, ed anche -aio, -aro § 1072). Ne acquista il significato (come aggettivo accolto dal Rotolo,

glossario, s.v.: il santo, infatti, quando il vecchio lo saluto` , «chi prisi la manu et aprisila et poy chi

la baxau dintru et dissi: ‘Benedicti senu quisti manu ki fanu tantu beni, ki campanu tanti creaturi’». Non ad un vetraio, ma ad uno che aveva passato la vita nel lavoro manuale Corrado bacia l’interno della mano, con la quale l’altro aveva fatto tanto bene, dando sostegno a molti. La suggestione del lettore si fa attrarre dal ricordo di «nostra madre Terra, / la quale ne sostenta e governa

» (vv. 20-21) del Cantico di frate Sole.

119 E anche nella Vita secunda di Tommaso da Celano (XLVI. 76).

120 Al limite tra sacro e profano, piu` vicino a questo che a quello, ecco un breve che serve per Incantare due amanti (che trascrivo in versi): «Ave madonna santa Lena reina, / ave madre di Costantino

imperadore. / Madre foste e madre se` te; / al santo mare voi andaste: / con undecimilia vergini vi mescolaste, / e con piu` d’altrettanti cavalieri vi accompagnaste; / la beata tavola voi dirizzaste;/ con tre coricini di mille foglie la sorte gittaste; / la degna croce voi trovaste; / al monte Calvario voi andaste, / e tutto il mondo alluminaste» (P. ARETINO, Sei giornate, a cura di G. AQUILECCHIA, Bari-Roma, Laterza, 1980, Dialogo. Terza giornata, p. 348). L’accenno al Calvario, che qui, trattandosi di sant’Elena, ha buona allocazione, si trova in altre preghiere, anche queste con funzione quasi magica, anche se sembra piovuto dal cielo: ricordo il cosiddetto Padre nostro di

san Giuliano, per cui si veda C. DEL POPOLO, Una lauda di san Giuliano, in Miscellanea di studi

romanzi, in onore di G. Gasca Queirazza in occasione del suo 65º compleanno, Alessandria,L’Orso, 1988, pp. 243-250: i due testi si illuminano a vicenda. Merita di essere messa in evidenza anche l’innumerevole compagnia, che ricorda sant’Orsola, che, pero` , cronologicamente, poco si accorda

con la madre di Costantino; l’incongruenza della data del martirio di Orsola e` stata gia notata

da IACOPO DA VARAZZE, Legenda aurea, CLIV. De vndecim milibus virginum, 41-46.

121 Ma si nasconde un errore di tradizione, per peccato, se a cuntay si da` il significato di ‘confessare’? Non si dimentichi che la confessione al diacono, che a noi oggi sembra piuttosto strana, era nel Medioevo accettata; si veda, ad esempio, per l’Alto Medioevo, il miracolo Douriche et de veve fame di GAUTIER DE COINCI, in Miracoli della Vergine. Testi volgari medievali, a cura di C. BERETTA. Introduzione di C. SEGRE, Torino, Einaudi, 1999, pp. 194-223; per il Basso Medio Evo, invece, cito il beato Matteo di Agrigento, francescano anch’egli: «Nota quod si aliquis invenire non potest sacerdotem nisi fornicarium notorium et arribaldum, melius est ut confiteatur bono seculari quam misero sacerdoti» (B. MATTHAEI AGRIGENTINI O.F.M. Sermones varii, Edizione a cura di A. AMORE, Roma, Edizioni Francescane, 1960, p. 125). Rimando, per la confessione ai laici, al volumetto di P. SORCI, La festa del perdono, Brescia, Queriniana, 1988,pp. 49-50.

122 Poiche´ so che Mario Pagano prepara una edizione critica, in cui mettera` a frutto la sua competenza, mi sembra piu` facile e credo anche piu` corretto lasciare a lui la soluzione di questo e di tutti gli altri problemi. Devo pero` ringraziare l’amico che ha cortesemente letto questo lavoro in stesura provvisoria, dandomi alcuni suggerimenti proprio per il testo.

123 Secondo quanto scrive ROTOLO, Vita Beati Corradi, p. 6; ma Mario Pagano mi scrive:

«Dalle fotocopie in mio possesso, piu` che abrasi questi punti sembrano sbiaditi; per es., prima

di a iacunu mi sembra di intravedere un Et».

124 La preghiera, e` risaputo, e` il Pater noster, seguito dall’antifona Adoramus.

125 E si veda pure lo Speculum perfectionis minus, 6, in Fontes Franciscani, p. 1755.

126 ROTOLO, Vita Beati Corradi, p. 135.

127 Cfr. ROTOLO, Vita Beati Corradi, pp. 28-29.

128 Cfr. le annotazioni di Delcorno, in CAVALCA, Cinque vite di eremiti, soprattutto le pp. 14

ss., per la diffusione delle Vite presso gli ordini mendicanti e la cultura laica.

129 Interessante il motivo per cui Cracco ipotizza l’abbandono della Citta` Eterna: «Una critica non tanto nascosta contro la decaduta Roma dei papi (allora ad Avignone) e dei cardinali, tra l’altro cosı` tipica degli Spirituali francescani dell’epoca?» (CRACCO, Per la storia religiosa della Sicilia,

p. 131). Laura Gaffuri in una nota da` il resoconto di una lezione tenuta da Cracco a Vicenza;

in essa sono molto utili gli accenni ai diversi metodi di approccio alla lettura dei testi agiografici

(L. GAFFURI, Luoghi comuni e novita` nella vita dei santi medievali, in «Ricerche di storia

sociale e religiosa», n.s. XLI [1992], pp. 183-186). Altri elementi qui raccolti gli danno ragione, almeno per la vicinanza agli Spirituali. Ricordo, inoltre, che anche Francesco, sulla strada della

conversione, aveva fatto un pellegrinaggio a Roma, come racconta il Celanese (Vita secunda,

cap. IV).

130 Il topos antico muove da Abramo.

131 Cfr. ad es. rr. 197-199: Corrado aveva salvato uno dal fulmine; questi, tornato a casa,

racconta le buone parole che il santo gli aveva dette: «Et quilli chi lu auderu appiru devocioni

assai». Mi sembra in filigrana il discorso fra la Samaritana e i suoi concittadini o altri episodi

evangelici.

132 Ma noto pure in altri contesti; cfr. il mio Una ‘drammatica’ «Lamentatio Virginis» (Leggendo

la «Sposizioni del Vangelo della Passione secondo Matteo»), in «Giornale italiano di filologia», LIII (2001), pp. 255-285, in particolare pp. 266-267.

133 Cfr. il racconto di Corrado che pregava e «vidi per spiritu kistu homu» (r. 187), cioe`quello liberato dalla tempesta; oppure quando va ad aiutare il ragazzo ingannato da Satana

(«Curradu, standu in oracioni, per spiritu victi lu garzuni», rr. 214-215; ho anticipato la virgola,

dall’editore messa dopo spiritu).

134 Ma ROTOLO, Vita Beati Corradi, ad loc., pensa si tratti di errore per conversazione.

135 Lo spirito profetico del santo si rivela in parecchie occasioni; ad es.: rr. 169-170, 349-350, 545-555.

136 CAVALCA, Cinque vite di eremiti, pp. 93-94.

137 E anche Mt 11, 4-6.


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