LETTURE DEL BLOG N. 120.882 AL 24 GENNAIO 2024

Le origini dei Cilii

di Salvatore Bertoli

Quando parliamo di Cilii, ci viene subito in mente San Corrado, infatti questo connubio per noi netini è inscindibile.

Le processioni in onore di San Corrado si tenevano il 19 febbraio e la domenica successiva (l’ottava) già dal 1485, poi dal 1515 si aggiunsero alle due date precedenti anche quelle del 28 agosto (in ricordo del 28 agosto 1515 giorno in cui il culto per il Santo era stato ufficialmente autorizzato dal Vescovo Giacomo Umana) e della domenica successiva (l’ottava).

Non sappiamo con certezza l’origine dei Cilii, tuttavia c’è in noi la convinzione che la loro apparizione sia l’evoluzione degli “intorci grandi” voluti dal canonico netino Pietro Ansaldo nel 1620. Questi lasciò una cospicua rendita per abbellire la processione del 19 febbraio, festa veramenti propria di la morti o antivita di San Corrado.

L’Ansaldo non gradiva infatti che la processione di agosto avesse superato in solennità quella di febbraio. Decise pertanto che la rendita fosse da utilizzare soltanto per la festa di febbraio. Nel testamento il canonico diede disposizione che l’urna del santo durante le processioni doveva essere illuminata magnificamente con dodici “intorci grandi” portati dai devoti del santo, dall’uscita dell’urna dalla chiesa madre e per tutta la processione fino al suo rientro. All’origine erano previsti solo due “intorci grandi” che anno per anno venivano aumentati di due fino al raggiungimento di dodici unità, probabilmente come il numero degli apostoli. Lo primo anno si comprino rotoli 40 di chira di la quali si ni facciano due intorchi grandi li quali li portino due devoti del Santo, quando la caxa nexi da la matrice chiesa collegiata, et all’hora si accendano solamenti, e non innanti, e quelli portino cossì accesi da quando nexirà la detta Caxa finchè ritorni alla detta Matrice chiesa, e ritirata detta Caxa si estinguano detti intorchi, e non si accendano più, ma si conservino per l’anno seguenti e nello detto anno seguenti di novo si facciano altri due intorchi, e li vecchi si renovino, e così lo secondo anno nexiano quattro intorchi accompagnando il Corpo del glorioso Santo, e ricolto in chiesa tutti 4 si estinguano, e si conservino, e lo terzo anno di novo si facciano altri due intorchi, e si facciano sei, et accompagnino il detto Santo del modo predicto, intanto chi ogni anno si facciano sempri dui intorchi e renovando li vecchi sintanto che arrivano alla somma di dudichi intorchi, si che per l’ultimo anno essendo dudichi, e conservandoli l’anno seguenti sempre restano dudichi ogni anno che accompagnano detto Santo dal peso predetto, e questo acciò che la Caxa e corpo del Santo sia accompagnato co’ luminaria e conformi all’usanza di nobili et honore di cità, li quali intorchi fatta la festa si conservino ed appendano nella cappella del detto glorioso Santo sotto chiavi.”

Certo, non si parla espressamente di Cilii, ma l’impressione è che a questa introduzione di “intorci grandi”, che dovevano illuminare l’arca argentea di San Corrado, si possa ricollegare alla nascita dei cilii. Non si accenna nel lascito dell’Ansaldo all’acquisto di oggetti di latta atti a contenere questi “intorti grandi”per cui resta il dubbio se avviene una evoluzione di queste grosse cere o se si introduce successivamente l’odierno cilio che sappiamo, grazie al prof. Perricone, esistere anche in altri luoghi al di fuori della stessa Sicilia, soprattutto nell’area spagnola. Nel seicento, come sappiamo, la Spagna regnava in Sicilia, è probabile perciò che i cilii fossero stati introdotti da costoro.

La nostra impressione è che sia più verosimile l’introduzione dalla Spagna di questi oggetti religiosi di natura tedoforica, tesi rafforzata dal fatto che sappiamo per certo dell’esistenza in Sicilia dei cilii uguali a quelli di San Corrado ed altri simili. Ne abbiamo qualche esempio a Palazzolo Acreide, ad Ispica, ma anche a Siracusa, a Racalbuto, a Monreale, a Trapani. In questi luoghi tuttavia sono presenti in numero esiguo nelle processioni, a differenza di quelli di Noto che raggiungono le duecento unità.

Non di meno va ricordato che i portatori dei cilii al termine della processione fanno la “danza” dei cilii, una forma di ringraziamento tipica delle manifestazioni spagnole.

Certamente non esistevano prima del 1620, come si apprende da un opuscolo scritto dal teologo fra Gerolamo Lanza: “ Breve relazione delle feste di San Corrado protettore della città di Noto, fatte l’ultime d’Agosto dell’Anno 1620”, in cui il frate descrive in maniera dettagliata lo svolgimento della processione. S’ordinò dunque la Processione con tal ordine, che prima dei religiosi andava la Compagnia dei Cavalli Leggieri, a capo scoperto, con torcie accese in mano, con tanta divotione che parevano ben regolati Religiosi; poi seguivano le Religioni (che erano in gran numero) con molta gravità, e modestia, essendo venuti molti Religiosi, di tutte Religioni, dalli Conventi delle Città, e Terre convicine (il numero de’ quali era incredibile).

(…) Doppo tutto il Clero (che è delli più devoti, ed onorati del Regno) con bella ordinanza nel lor proprio luogo, con torcie accese, li Dottori in Teologia, con le lor toghe, e tutto il Capitolo de’ Canonici, con le cappe di Cappella; in una ricchissima Bara era portato il Corpo del Santo; dietro al quale seguiva con molta reverenza il Signor Capitan d’Arme, Senato e tutta la Nobiltà (oltre l’infinita moltitudine della Gente) con torcie accese, quali entrati nel Tempio, al ritorno, che fece la processione, per lo gran splendore, e lume, pareva, che fra vive fiamme divampasse.

Il termine “cilii” in quanto tale viene menzionato nella descrizione della processione di San Corrado fatta daGiuseppe Pitrè in “Feste Patronali in Sicilia” del 1900. Nel giorno della vigilia gli eremiti di S. Corrado, esercitando un antico loro privilegio, portano a spalla questa cassa dalla cappella del Santo all’altare maggiore, sul quale l’alzano con uno speciale congegno…Al domani, qualche ora prima un tamburino percorre le vie più battute della città chiamando a raccolta i devoti che dovranno portare cilii. All’invito vengono essi fuori reggendo ciascuno una grossa e lunga asta, sulla quale è impiantato un gran cero, avente alla base una coppa di latta frastagliata o disegnata a vari colori. Sono costoro dei giovani aitanti e forti, i quali o per proprio conto, il che è raro, o per conto altrui, cioè per conto di loro padroni o di possidenti, si recano a prender parte allo accompagnamento dell’urna. E poiché il cero è pesante, per alleggerirlo portano ad armacollo, come si è visto per la festa di Monreale ( ma qui con larghi nastri colorati cadenti sulle spalle), candite tovaglie. Fermiamoci innanzi al palazzo del Comune. Ecco sfilare, precedute ciascuna da tamburino e da stendardo, la confraternita di S. Antonio Abate composta di artigiani e mestieranti; quella de ‘ Cappuccinelli, di contadini; di S. Caterina, di muratori; delle Anime Sante, di calzolai. Ecco il Capitolo del Duomo, che una volta si accompagnava anche con quello del Crocifisso. Ed ecco, in mezzo a due file di cilii accesi l’urna benedetta , innanzi alla quale si inginocchiano riverenti e supplicanti i devoti…La solita voce chiede imperiosamente :Nuticiani, chi siemu muti ?! E le solite voci rispondono fermamente: Viva San Currau!

L’opera del canonico Pietro Ansaldo fu ben presto superata dal momento che il numero dei cilii non si fermò a dodici come programmato inizialmente, tanto meno fu rispettata l’imposizione di fare uscire i cilii solamente nella processione di febbraio, infatti l’inserimento dei cilii fu accolto con grande entusiasmo dalle famiglie nobili e da quelle possidenti ritenendo motivo d’orgoglio partecipare alle processioni di San Corrado con un loro cilio che spesso veniva portato da un loro familiare o molto spesso da un loro servitore.

Ben presto inizia una vera e propria corsa ad avere un proprio cilio di rappresentanza, questo fenomeno contagerà anche il popolo che contribuirà enormemente alla crescita del numero dei cilii che già nel novecento raggiungerà le 150 unità.

Oggi la stragrande maggioranza dei cilii è di proprietà dello stesso portatore, sono pochi coloro che portano il cilio per conto di qualche famiglia nobile, fra questi ricordiamo con piacere quello del principe Nicolaci di Villadorata che è stato affidato all’associazione “portatori dei Cilii” per portarlo in processione durante la festa del nostro santo Patrono. I portatori dei cilii oggi sono associati e vestono un’unica divisa, non come prima che ognuno vestiva come meglio credeva, preferendo sottostare a delle regole che li rendessero più uniti verso un unico obiettivo, fedeli a San Corrado.


Salvatore Bertoli


Segretario

Associazione Portatori dei Cilii Fedeli a San Corrado

Noto (Siracusa)



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