LETTURE DEL BLOG N. 120.882 AL 24 GENNAIO 2024
La presenza di San Corrado
un segno di riconciliazione

di Salvatore Guastella

«Se vogliamo studiare con profitto la storia dei nostri antenati, non dobbiamo mai dimenticare che il loro ambiente era molto diverso da quello in cui viviamo oggi». Questa massima di Lord Macabay ben si adatta ai tempi in cui visse S. Corrado (+ 1351).
Osservando il paesaggio di quel periodo, lo troveremmo ben diverso dai nostri giorni: campagne in gran parte selvagge, foreste estese, paludi, brughiere… L’attività agricola, dopo l’apice toccato alla fine del secolo XIII, attraversava un critico periodo di ristagno e di contrazione per le distruzioni operate dalle guerre, carestie e pestilenze, e per i crolli dei prezzi e il costante calo della popolazione.
L’uomo medievale sembra caratterizzato, sotto il profilo negativo, dalla mancanza di libertà creativa e individuale, riuscendogli estremamente difficile cambiare classe sociale, città, lavoro o cerchia di amici: tutto sembrava prefissato, quasi fosse un disegno divino, cui doveva sottomettersi senza ritrosia o avventura. La visione gerarchica delle cose e della società, quasi invalicabile orizzonte, frenava e falsava gli slanci rinnovatori del suo spirito. Era una società articolata in dominatori privilegiati e dominati indifesi. I contadini mal sopportavano i pesi e le angherie; aperto era il conflitto tra i ‘piccoli’ e i ‘grandi’. In Italia poi lo spirito ghibellino era molto sentito. Gli alti gradi e i benefici maggiori nella Chiesa spettavano per statuto esclusivamente alla nobiltà e alle classi equiparate.
Opzione fondamentale - In simile ambiente sociale, Corrado Confalonieri, fiore della nobiltà piacentina, gioviale, sincero e integerrimo cittadino, s’impose subito all’ammirazione di tutti per il suo spiccato senso della giustizia. La fede lo aiuta a saper dare un indirizzo particolare alle sue attività e alle realtà in cui opera, un indirizzo verticale e teologale, anziché semplicemente orizzontale e umano.
Egli è di parte guelfa e nelle malaugurate lotte intestine comunali di allora i suoi rivali politici non lo infastidiscono né lo espellono in esilio come elemento indesiderato. E’ a tutti nota la sua benevola condiscendenza: i poveri non ricorrono invano a lui; il suo ascendente è tale da ottenere loro ragione nei soprusi.
Se l’uomo è se stesso nella misura in cui è capace di compromettersi per un condannato qualsiasi alla fame, all’ingiustizia, allo sfruttamento, al disprezzo e all’insicurezza che incontra nella sua strada, Corrado col suo gesto spontaneo, che scagiona quell’innocente accusato dell’incendio - che egli aveva causato involontariamente - proclama come Cristo è in coloro che ci stanno attorno e che hanno bisogno del nostro amore in famiglia, sul lavoro; è negli emarginati, in coloro che non hanno la fede, accanto a chi giudichiamo emarginati o che magari sfuggiamo perché la pensano in modo diverso, mentre avrebbero bisogno della nostra testimonianza per riconoscerci credibili discepoli di Cristo.
Solidali come lui – Corrado poteva restare nella comoda scorciatoia della potenza e del potere; ha preferito invece imboccare la strada tormentata della debolezza. E’ giunto anche per lui il momento dello strappo terreno decisivo: rinuncia ai diritti del legami umani e volontariamente si è impoverito della sua Eufrosina. E’ l’accettazione senza condizioni di un mistero che gli si sarebbe svelato poco a poco, durante il corso della sua vita.
Ancora uno squarcio, e nel romitorio di Calendasco maturerà il desiderio di solitudine e di preghiera. Nel rischio dell’avventura più nobile, quello della ricerca di Dio come il biblico Abramo, egli lascia la natìa Piacenza per andare pellegrino sino alla terra che gli mostrerà il Signore. Così il suo itinerario di solitario si snoda attraverso la peregrinazione a Roma, per concludersi in Sicilia a Noto.
Povertà e liberazione – Quando alla fine del secolo XIV il sistema feudale crollava e con esso quel sistema politico-religioso, il senso dell’identità dell’io (unica fonte di equilibrio esistenziale) rimaneva scosso e non risolto, al punto da generare un periodo d’incertezza e di dubbio. In San Corrado l’inequivocabile scelta di povertà è stata un gesto profetico di liberazione: egli ha saputo cioè scrollare da sé quello che il crollo irreversibile della storia avrebbe operato poco dopo il suo beato transito.
Molti, oggi, sono disposti a sacrificare vita, amore, libertà alla nazione, al partito o ad altri interessi più o meno estrinseci, ma non a sviluppare l’identità dell’io che comporta lo sforzo non di adattarsi alla società, ma di conformare questa alla maturazione della persona in una crescita simultanea e intrinseca.
Corrado ha saputo scegliere al momento giusto! Rinuncia alla ricchezza perché, facendo leva su questa, poteva rimanere condizionato nelle sue libere scelte. La povertà non è vista da lui in antitesi alla ricchezza ma come liberazione da qualsiasi vincolo, come apertura alla realizzazione dei suoi ideali e come via libera alla sua vocazione. Perché la ricchezza non la si possiede, la si serve!

Salvatore Guastella

Per approfondire

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