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18 febbraio 2009
Vigilia di San Corrado Confalonieri

foto: pagina 9 di Libertà quotidiano di Piacenza
Primo piano
articolo interamente dedicato al Patrono
di Umberto Battini
riportiamo sotto il testo dell'articolo di Libertà
quotidiano di Piacenza


Domani la Festa - Discendente della nobile famiglia dei Confalonieri, pellegrino a Roma, in Terra Santa e in Sicilia dove muore
il 19 febbraio 1351



San Corrado, l'eremita
da Calendasco a Noto



La storia del santo piacentino patrono della città siciliana

di Umberto Battini

In questi anni a Piacenza c’è stata una riscoperta molto accalorata della figura del santo eremita piacentino Corrado Confalonieri. Intorno a questo illustre personaggio del medioevo si è ampliato un nuovo filone di ricerca storica, basata principalmente su inediti documenti che ce ne hanno additato un volto più storicizzato. Un lavoro certosino, di cesello verrebbe da dire, silenzioso ma proficuo che è giusto condividere sui due livelli – con un gioco di parole - cioè quello cultuale e l’altro culturale. Una figura di religioso significativa: il nobile cacciatore poi incendiario, il penitente che si fà pellegrino, il taumaturgo che letteralmente “fa comparire” pane angelico, come richiamo alla manna del deserto – la sua vita nel deserto simbolizzato dall’isolamento nella grotta presso Noto ove muore il 19 febbraio 1351. Sulla origine del santo dalla nobile casata dei Confalonieri non lascian dubbi nemmeno gli stessi Giurati della città di Noto, che nella triplice lettera inviata nel 1610 agli Anziani e Priori di Piacenza, al Vescovo Conte mons. Rangoni ed al Farnese, spronandoli di avviar ricerche sul santo piacentino, scrivono: “si ben fiorì di virtù Eremita et oggi reluce fra beati, già nel secolo fu cavaliero della famiglia Confaloniera e segnalatissimo nella patria per aver lasciata in un monasterio di quella la moglie e distribuito li beni fra quali s’è fatta coniectura d’alcuni curiosi esserci stato il Castello Calendasco…”. E la risposta dei Giurati piacentini non tardò, con la lettera del 14 maggio 1611 inviata a Noto essi li informarono dell’esito delle ricerche negli archivi allegando alla stessa una lunga relazione ove si legge che “il più vecchio della stirpe Confalloniera” ha il privilegio “d’accompagnare il nuovo Vescovo quando entra Pontificalmente la prima volta”, ma più clamorosamente questa relazione rivela che nel monastero di S. Chiara di Piacenza “per molta diligenza usata da persone autorevoli, altro non si è trovato che la notizia d’una suora Gioanina Confalloniera, che specialmente viveva nel 1340 et anco nel 1356. Detta qual suora si dice che, rispetto al tempo, non ci sarebbe difficoltà che non potesse essere la moglie di Santo Corrado.”.
Un fatto acclarato è il luogo della nascita fisica di San Corrado e questa notizia ci viene presentata in forma ufficiale nel Legato Sancti Conradi del 1617, che il Vescovo di Piacenza anch’egli spronato dai Giurati netini, “tutte le predette cose approvò confermò e lodò, e approva conferma e loda”. E’ un documento redatto nel Palazzo del Vescovo, alla sua stessa presenza ed è reso pubblico dal notaio e cancelliere episcopale Giovan Francesco de’ Parma. Il Legato voluto dallo Zanardi-Landi feudario succeduto ai Confalonieri, esplicita: “qui quidam S.tus Conradus, ut perhibetur fuit oriundus de praedecta Civitate ex admodum Ill.ma famiglia D.D. Confanoneriorum abitatores Dominorum Loci Calendaschi loci, et Villa Ducatus Placentini ultra trebiam…” .
Vi è contenuta pure la frase ut in eius vita pubblica tipis mandata videre est , valida conferma che le indagini sul santo erano concluse ed avevano portato a poter fare delle dichiarazioni certe grazie a ciò che si era rintracciato dei trascorsi civili: le affermazioni sicure che sono punti saldi che vanno a fortificare la narrazione esposta nel documento, sono: 1 – San Corrado è un piacentino, 2 – discende dalla Nobile Famiglia dei Confalonieri, 3 – è nato fisicamente in Calendasco.
Il Legato contiene questa importantissima affermazione: “qua quidam devotio es maior promoveri et excitavi debet in praedicta Ecclesia loci Calendaschi cum ex eodem loco iste Sanctus, ut praefertur originem terrenam duxerit, sic verisimiliter incolas eiusdem loci, sui nominis devotos gratis, et intercessione apud Deum Optimum Maximum persequunturus…” testualmente “certamente quella maggiore devozione è da promuovere e deve essere stimolata nella predetta Chiesa del luogo di Calendasco, il medesimo luogo dal quale codesto Santo, avendo tratto la sua origine terrena come si riporta, avrebbe assistito veramente gli abitanti del medesimo luogo, devoti del suo nome, per le grazie ed intercessione presso Dio Ottimo Massimo”. Senza equivoco leggiamo che San Corrado è nato fisicamente a Calendasco ed il Vescovo di Piacenza, i Testimoni presenti, il parroco Rettore di Calendasco, il Conte Zanardi Landi e lo stesso notaio e cancelliere della Curia Episcopale ritengono quindi fuori di ogni dubbio la autenticità della affermazione e mai nessuno si contrappose, est probatio probata.
La causa che spinge il nobile Corrado alla conversione è collegata ad un incendio che provocò durante una battuta di caccia verso l’anno 1315. Siccome fu incolpato del danno un innocente contadino, Corrado lo fa liberare ammettendo la colpa: lui è il colpevole e lui è l’uomo da punire. Una nuova ipotesi sull’incendio causato dal giovane san Corrado è emersa dagli archivi, il fatto eccezionale è dato da una pergamena dell’11 gennaio 1589: è una investitura di un fondo terriero di 200 pertiche fatta dai monaci di Quartazzola. La pergamena rinvenuta all’Archivio di Stato di Parma riporta che le terre sono poste nel territorio di Calendasco, in direzione di San Nicolò e nel luogo detto “alla Bruciata.
A diritto questo grande spazio rurale fatto di campi coltivabili e di bosco può essere ritenuto il luogo dell’incendio di san Corrado Confalonieri, una ipotesi da prender sul serio, data dalla ragionevolezza che una così vasta possessione terriera sia ricordata nel ‘500 con il nome ‘Bruciata’, sintomo che lì vi fu nei tempi andati un possente incendio che ancora segnava la toponomastica e la memoria della gente.
Messer Corrado nasce nel 1290 da una Casata non solo guelfa e papalina, ma addirittura tanto religiosa da essere quasi fuori dalla norma, infatti quando Corrado è un arzillo giovanotto dedito alla cavalleria ed all’hobby della caccia, vanta un esempio costante di parenti dati alla religione in diversi conventi di Piacenza.
Dalla sua nascita all’età matura, ad esempio san Corrado celebra tra i Confalonieri, come risulta dagli atti dei notai di Piacenza, Agnesina badessa nel 1292 in S. Maria di Galilea, mentre nel 1296 in S. Maria di Nazareth c’è suor Richelda e nel 1315, quando Corrado ha la brutta avventura dell’incendio causa della sua conversione, nel monastero di S. Siro ci sono Sibillina ed Ermellina, e la Sibillina è ancora una soror vivente nel 1340, anni della partenza di S. Corrado dal romitorio di Calendasco. Non di poco conto il frate minore Pietro Confalonieri, come trovato in pergamene dal 1324 al 1333, risulta essere il ‘curatore’ delle terziarie francescane di S. Maria Maddalena, dette volgarmente “le repentite”. E se è vero che la tomba di famiglia della Casata è con certezza nel monastero di S. Chiara di Piacenza, ora scopriamo anche l’attaccamento (ma c’era bisogno di dirlo?) ai minori, tanto che il testamento di Carlo Confalonieri del 7 gennaio 1479 esplicita di voler essere sepolto nella “tomba di famiglia” che è in S. Francesco in Piazza e dove già riposa il padre Filippo.
Questo breve sunto di nomi e date per dire che S. Corrado non a caso si rifugia nella religione dopo gli accadimenti, e a ragion veduta egli non può farsi monaco tot court in quanto laico sposato ed allora è destinato all’abito francescano di terziario, fra gli umili penitenti del piccolo hospitale per romiti di Calendasco. Il superiore frà Aristide figura viva e concreta come lo stesso Corrado è ricordato essere stato chiamato a Montefalco dalla stessa santa Chiara per presiedere alla costruzione del nuovo convento terziario. E’ una prova fortissima del legame dei terziari piacentini e di Calendasco contenuta anche in una testimonianza storica di alcuni secoli fa e scritta a centinaia di chilometri dai nostri luoghi, dal famoso Anonimo di Montefalco.
I penitenti terziari che vivevano nell’hospitio in dicto loco Calendascho sulla strada diretta al passo del Po erano assieme ad altri della realtà piacentina molto ben voluti, tanto che una riunione di questi frati giunti da tutto il nord Italia si tenne nel 1280 proprio a Piacenza, non dimenticando che l’abito bigio adottato era detto “piacentino” già dallo stesso s. Francesco e poi dal papa con la bolla Supra Montem nel 1289. Se ora Piacenza si giova di nuovi studi inediti pubblicati in questi anni, un buon testo rimane “S. Corrado Confalonieri Patrono di Noto” pubblicato nel 1961 da Giovanni Parisi (che fu Ministro Generale del Terzo Ordine Francescano). Con argomenti posti su buona base storica, scopriamo l’indole da pellegrino di s. Corrado, il quale una volta lasciata la terra piacentina, si dirige verso i luoghi di Roma, e poi in Terra Santa dove al ritorno, come s. Paolo, approda a Malta. Su questa isola ancora oggi c’é una bella chiesetta a lui dedicata che ingloba la grotta ove visse; bello è ricordare il miracolo della ‘fuga’ da Malta verso la Sicilia e cioè traversando il mare sopra al proprio mantello. Infine giunge a Noto e nella Valle dei Pizzoni, in una grotta, in nascondimento e preghiera, l’eroico piacentino del miracolo del pane degli angeli, passa il restante della sua santa vita.

Quattro secoli di devozione nel Piacentino

A Noto l'Arca d'argento con le sue spoglie
portata a spalla da 50 "portatori"

L’iconografia del santo piacentino a Piacenza e provincia, segno della tributata devozione nei secoli, trova una bella espressione in cattedrale, dove si ammirano gli affreschi con scene della vita di s. Corrado dipinte dal Galeani nel 1611. Nella chiesa di S. Pietro tra gli affreschi delle volte troneggia la figura realizzata dal torinese Morgari nel 1914; così pure a Castel S. Giovanni in Collegiata troviamo una pala di S. Lucia ove è posto l’eremita, mentre a Cortemaggiore in sagrestia c’è una copia del quadro del Lanfranco, che al tempo di Napoleone fu trafugato ed oggi è nel museo di Lione. Su questo grande dipinto abbiamo da segnalare il fatto che storici dell’arte, ad esempio il Bellori nel 1821, descrive la tela del Lanfranco nel duomo di Piacenza come “San Corrado nell’eremo con un Angelo che discende verso di lui dal cielo”. Addirittura viene anche indicato un quadro del santo sempre nel duomo, per mano di Benedetto Luti (maestro del Panini), ma la cosa più interessante è che la pala di San Corrado del XVI secolo che è nell’omonimo altare della parrocchiale di Calendasco, corrisponde anch’essa alla descrizione più sopra riportata. Anzi è più ricca a livello iconografico perché mostra sullo sfondo la scena dell’incendio e della cattura dell’innocente contadino, mentre il santo medita assorto nell’eremo con gli attributi classici della sua condizione e cioè il libro della Parola, il teschio, la corona del rosario e la ‘penitenza’ (piccola frusta usata dagli anacoreti per punirsi dei peccati). La tela di Calendasco nonostante oltre quattro secoli l’abbiano resa scura, si presenta ancora molto bene all’occhio del devoto e desta sempre una sincera devozione, probabilmente rimane una fra le migliori iconografie del santo piacentino, anche a detta dei visitatori tra i quali nel 2000 il vescovo di Noto e il Ministro Generale del TOR.
A Noto la festa al Patrono viene celebrata con una solennità senza pari: l’Arca d’argento attuale del 1485 che contiene le spoglie del santo, viene portata a spalla da oltre cinquanta Portatori, mentre a corona sono un centinaio di Cilii, portati con orgoglio dai devoti.
Nel piacentino il santo eremita è ricordato oltre che in Calendasco, luogo nel quale vanta un patronato di oltre quattro secoli, anche dai devoti di Celleri di Carpaneto, precisamente alla Torre Confalonieri dove in tempi recenti è sorto un moderno oratorio al santo per un voto fatto durante la guerra, come riporta una lapide lì esposta. La notizia della santità di Corrado arriva a Piacenza nel primo 1600, quando per la Casata non erano certo tempi floridi, infatti nel paese sul Po dal poderoso castello i Confalonieri feudatari per quasi due secoli (secondo quello che fino ad oggi le carte ci mostrano), hanno esercitato la parte più importante del loro potere di militi. Ad esempio il Confalonieri che tramò per l’assassinio di Pierluigi Farnese nel 1547 abitava nel castello di Calendasco come sappiamo dalle carte d’estimo della confisca e sempre qui il 13 agosto del 1572 Lodovico Confalonieri fu assassinato dalla moglie, il Farnese fece arrestare tutta la servitù ma lei già se ne era fuggita vestendo panni di uomo, per essere poi catturata a Piacenza tra le braccia dell’amante Antonello De Rossi. Ed ancora un fatto increscioso per la Casata, nel 1564 il nobile Paveri per gelosia freddò con una archibugiata l’onestissima moglie Ortensia Confalonieri e ne torturò il corpo con un coltello e pochi anni prima Donna Elena Castiglione vedova di Pietro Antonio Confalonieri si era data all’eresia luterana e dovette fuggire da Piacenza perché ricercata dall’inquisitore.
A Noto la prima festa in onore di s. Corrado si tenne nel 1516 su decreto di mons. Umana e fu celebrata con grandiosa solennità, in “una marea di popolo furono portate in processione per le vie della città le sue reliquie”, addirittura l’eremo con la grotta del santo “attrasse un gran numero di penitenti, che vestendo il saio eremitico di san Corrado han dato vita a numerosi romitori nelle vicinanze della Grotta”.
Calendasco, paese della nascita fisica e spirituale del santo, gli tributa, unico caso, quattro secoli di devozione mai interrotta, e negli anni passati la statua di s. Corrado veniva portata in processione mentre una corona veniva posta sul capo del santo nel quadro della cappella a lui dedicata in chiesa.
Oggi di quella statua non abbiamo più traccia e la processione dal romitorio alla chiesa avviene con la importante reliquia donata dai Canonici della Cattedrale nel 1961.
Di san Corrado Confalonieri in ogni secolo scrittori di chiara fama ci hanno lasciato opere pregevoli nel campo della narrativa biografica, destinate a rendere sempre più viva ed ammirata nel tempo la sua memoria ed anche la terra piacentina, di questi tempi non è stata da meno.
U. B.



Per approfondire

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  • L'Araldo di San Corrado è il Collegamento Devozionale Italiano dei Devoti e Fedeli del Santo piacentino morto a Noto il 19 febbraio 1351 e nato in Calendasco (Piacenza) nel 1290