Inizia il Mese Corradiano a Noto e da Calendasco voglio proporre queste mie righe, perchè come immaginate, il fervore mi invade fortemente tanto più ora che causa covid e per convalescenza oncologica non potrò esser presente tra i miei fratelli e sorelle devoti di Noto, ma mi resta la forte freschezza mentale e quindi per la Gloria del Patrono scrivo questo testo-studio per questo 2021 che propongo alla lettura e commento di tutti, per certi versi è il mio Cilio a S. Currau!
SI LASCIO’ CADERE SULLE GINOCCHIA
IMPOTENTE DAVANTI A S. CORRADO
La testimonianza del Vescovo di Siracusa
Umberto Battini
Studioso di S. Corrado Confalonieri
Proponiamo un completamento di dati e fatti per la corretta interpretazione del documento letterario della Vita di S. Corrado dedotta dagli Annales Minores voll. 4 del 1637 scritta da Luca Wadding uno degli storici francescani tra i più autorevoli mai esistiti e per completezza e verifica troverete anche l’immagine del testo che andremo ad analizzare nel dettaglio.
In questo breve saggio voglio portare all’attenzione quella parte che riguarda il fatto della visita inaspettata a S. Corrado del vescovo di Siracusa e quindi darne una sana lettura per comprenderla nel dettaglio: qui il miracolo del pane avviene sotto gli occhi dell’Autorità della Chiesa e il suo avallo determina già in nuce la futura certa elevazione tra i Santi dell’Eremita piacentino.
Troppe voci gli arrivavano all’orecchio dai suoi sottoposti e così nello sfarzo della sua posizione decide di muovere tutto il suo staff (per dirla alla moderna) per andare da Siracusa a Noto, là tra quei monti dove pare viva in una grotta tra la folta vegetazione bagnata da una piccola fiumara, un frate eremita con poteri particolari.
Per farla breve: il Vescovo siracusano - perchè a quel tempo Noto ricadeva sotto a quella diocesi - arriva là per fare una esplorazione di presenza in cerca della verità e visitarne la dimora e ad antrum perrexit (ed entra nell’antro, nella grotta) mentre Corrado è assente, e quindi qual momento migliore per fare un’ispezione proprio a quell’antro e le parole hanno un peso: infatti antro significa letteralmente cavità profonda e oscura nel fianco d'un monte o d'una roccia; grotta, caverna.
Già così rende l’idea di come sia un luogo umile, semplicissimo, quasi inadatto alla vita di un uomo e il Vescovo perlustra la grotta, rapidamente, perchè è una grotta piccola e inospitale e vede che non contiene mobilio (suppellectilis nihil) ed anche niente cibi ne cotti ne crudi pronti da cucinare, insomma in questa speluncam nudam cioè antro scuro quasi pauroso completamente vuoto egli trova solo una zucca per tenervi l’acqua da bere, e vede che non c’è il letto e neanche uno sgabello, ma c’è solo un unico ambiente, completamente vuoto, freddo, scuro e inospitale.
A quel secolo la grotta aveva ancora ovviamente la parete del monte con ricavata la piccola porta e una finestrella per l’aria, diversamente dal poi quando venne costruito circa 250 anni fa il Santuario per inglobarla abbattendo la parete frontale per poter mostrare il resto dell’anfratto così come ancor oggi lo vediamo.
Questa che segue è la testimonianza di quello che il Vescovo trova in quel luogo e già da questa prima impressione si avvede che molto di quello che gli dicevano di questo strano personaggio vivente lì tra la natura impervia, era una esagerazione, infatti come poteva un uomo che faceva una tal vita rozza e solitaria essere un pericolo per la religione?
Perchè noi dobbiamo essere scaltri e leggere in questo fatto della visita vescovile un tentativo di inquisizione, non siate ingenui dal credere che tutto questo apparato si sia messo in movimento così senza un solido motivo: da Siracusa a Noto (Antica ndr) ci voleva un giorno di viaggio a cavallo, con carri e uomini per trasportare ciò che era utile al Vescovo ed anche un manipolo di soldati a protezione, questo era quel mondo medievale che ben gli storici ci han descritto.
Finalmente, leggiamo dal testo, arriva Corrado, e si avvede di tutto questo trambusto intorno alla sua grotta e come si accorge che si trattava del Vescovo, senza indugio gli si getta davanti in ginocchio e gli chiede la benedizione quindi i due iniziano a discorrere, ed immaginiamo delle tante domande che gli sian state rivolte e da come poi si evolve questo momento, si capisce chiaramente che ormai nel Vescovo è caduta ogni reticenza verso questo frate che considera solo un sempliciotto desideroso di vita in solitudine in modo molto povero ma anche però secondo una visione cristiana, difatti il Vescovo nota che come gesto primo, Corrado si era gettato in ginocchio onorando sia la sua persona ma anche ciò che rappresentava: il Pastore del gregge cristiano.
A questo punto, passata qualche ora della mattinata, viene ordinato ai servitori di preparare sul campo un desinare al quale Corrado è invitato, anche perchè, dice ancora il Vescovo, aveva notato che non aveva proprio niente da mangiare di nessun genere e desidera averlo alla sua mensa: Nihil, frater Conrade tu habes in cella... e adesso va prestata molta attenzione al racconto storico, perchè tutta la vicenda che stiamo narrando ha un valore storico e letterale, perché le parole del Vescovo si fanno più pacate, difatti stavolta si rivolge a Corrado parlando non più del suo antro ma della sua cella, cioè camera, cappella, luogo che tutto sommato non è più così desolato visto il buon fine e il buon carattere di colui che l’abita, e la cella è la casa per eccellenza dell’eremita cristiano.
Infatti ben sappiamo che con Guglielmo Buccheri, appena arrivato a Noto, S. Corrado và ad abitare presso le celle che eran al di sotto le mura del castello, le celle sono luoghi semplici ma benedetti e gli abitanti di Noto, sia nobili che popolani, sapevano che chi le abitava eran uomini di fede ed alla ricerca di penitenza e solitudine, uomini religiosi e buoni, da non molestare.
E il Vescovo continua e dice: Io vengo qui da te, di persona (parole che son da intendere: Io il Vescovo, con tutto questo apparato, dovendo affrontare un viaggio e disagi e magari potendo far altro di più utile ndr) e tu non hai nulla da offrire al tuo ospite illustre? - intendendo se stesso, con queste poche parole il Vescovo sta facendo facile ironia verso Corrado: quello che capiamo tra le righe è questo: “Io il tuo Vescovo, nobile e importante, faccio questo viaggio, vengo qui credendo di trovar chissà che ed invece mi ritrovo una speloca vuota e scura, abbandonata tra i monti e la natura selvaggia ed abitata da un poveraccio, umile ma con un’ideale religioso e buono, e che nemmeno può offrirmi qualcosa da metter sotto i denti ne da bere, perchè una misera zucca con poca acqua dentro pende appesa nell’antro!”.
Ma Corrado, uomo semplice ma di rara intelligenza, alacri animo e hilari facie cioè prontamente senza indugio (alacri animo) e di buon umore, mostrando nell’aspetto e negli atti l’interna contentezza (hilari facie) gli dice: Aspetta o signore ad allontanarti! Vedo cosa trovo qui dentro per servirti!
E il racconto adesso non indugia perchè si arriva a risolvere tutto questo fatto del Vescovo scomodato quasi per nulla e si passa a concretizzare tutto quello che fino ad ora abbiamo letto di questo fatto storico: esce (Corrado dalla grotta ndr) con quattro candide e bollenti (appena sfornate ndr) focacce (placentas=focacce) dal gusto buonissimo come è ben testimoniato.
In questo fatto miracoloso e concreto, perchè le focacce calde, bianche e gustose son lì davanti dopo che fin a poco prima quel luogo pareva solo un buio e desolato antro inospitale, c’è tutto quello che è un giudizio della Chiesa stessa, nella persona del Vescovo che è una autorità con diritto di giudizio inappellabile e che viene umanizzato dopo che incontra l’uomo Corrado, discutendo con lui, e infine vivendo un fatto miracoloso in prima persona ma non solo visivamente ma anche concretamente perchè quelle focacce sono mangiate e sono buonissime e servite lì in diretta, senza possibilità di obiezione: il miracolo c’è ed è avvenuto lì, sotto agli occhi increduli di quella gente.
Obstupefactus Episcopus: il Vescovo è sbalordito, stordito e buttato in ginocchio di peso, (in genua provolutus) e stavolta è lui che si piega davanti a quello che fino a poco prima considerava un semplicione devoto, e vede che questo pane viene dal cielo non c’è altro modo, e ne è testimone e anche lo può mangiare e gustare e senza nessuna scusa, mostrando qui il Vescovo onestà ammette che Dio è presente e opera nell’uomo Beato (nel senso di santo ndr) che completamente si affida appunto a Dio Padre, riconosce di fatto la santità di Corrado, in quel momento, da vivo!
Questo fatto storico particolare può essere il paradigma, cioè il modello per poter dire senza pericolo di smentita che San Corrado è uomo di Dio, annullato in ogni suo rapporto col mondo se non come Patrono intercessore e la figura del Vescovo che vede e testimonia quel fatto è già un dato storico della Chiesa che testimonia che l’Eremita della Valle dei Miracoli di Noto è un Santo per davvero, ma di quelli potenti e concreti perchè da quella grotta è uscito pane messo dal Cielo, dalle mani e per mezzo del nostro Patrono.
Panem tanquam de caelo missum reverenter accepit!