LETTURE DEL BLOG N. 140.610 A MARTEDI' 17 GIUGNO 2025

SAN CORRADO DAL CASTELLO ALLA GROTTA

UN TESTO CHE RIASSUME PARTI STORICHE CRUCIALI
DELLA VITA DEL SANTO E DA NON SOTTOVALUTARE
PER UNA CORRETTA CRONACA STORICA 

citato come un “santo da neve” nella tradizione popolare piacentina, per il fatto che la festa ricade in pieno febbraio, il giorno 19. È stato un uomo segnato fin dalla prima gioventù di una sventura cruciale che darà una svolta inaspettata a tutta la sua vita.

È interessante e curiosissima la vicenda di San Corrado Confalonieri: sposato ventenne con Giovannina Vistarini di Lodi (nelle agiografie antiche è detta Eufrosina), ma già dalle ricerche d’archivio fatte nel 1611 qui a Piacenza si rintracciò appunto nel monastero di Santa Chiara di Piacenza una “Joanna Confanonerii” ancora vivente nel 1351 e che si riteneva “potesse esser senza nulla in contrario la sposa” di Corrado.

Le ricerche contemporanee sulle pergamene notarili nell’Archivio di Stato a Piacenza confermano in pieno questo dato: c’è eccome, segnalata tra le monache, anche questa “Joannina” e che ipotizziamo poi trascritto come Eufrosina, ma questo rimane un dato secondario che non inficia la storia umana del Santo piacentino.

I Confalonieri erano una famiglia di militi vescovili, importanti e considerati: negli anni del medioevo avevano un privilegio, conservato per secoli: dalle “Informattioni” inviate a Noto dai Giurati di Piacenza nel 1611 apprendiamo che “il più anziano della stirpe” accompagnava l’ingresso del nuovo vescovo cittadino accogliendolo su di una “chinea bianca”.

Il feudo più importante che avevano era quello di Calendasco, poco lontano dalla città, vicino al Grande Fiume, con terre floride, boschi e vigneti, tanto che abbiamo potuto leggere in carte d’archivio del XVI secolo far cambio di terre con il parroco di Calendasco: cedono terre coltive vicino al paese e si prendono le terre parrocchiali gerbide, sortumose e soggette a inondazione nella zona “Raganella”.

Corrado nasce in quel castello nel 1290 ma nel 1315 - felicemente sposato ma ancora senza prole - durante una battuta di caccia causa un incendio, per motivo futile, stanare la selvaggina tra i rovi per il gusto dall’alto del suo cavallo, di poter scagliare la freccia fatale.

L’incendio devasta, brucia stalle, piccoli casamenti, probabilmente c’è qualche vittima: a Piacenza comanda il ghibellino Galeazzo Visconti di Milano, che sospetta un attentato al suo potere: gli sgherri per quietare il Visconti catturano un povero contadino. La faccenda sembra risolta, non è un attentato ma solo un incendio dovuto a incompetenza, e la forca attende l’innocente. Intanto il giovane Corrado si tormenta, al sicuro nel maniero del padre lì a Calendasco, dove nessuno andrebbe a rendergli conto, ma la coscienza e il buon consiglio della consorte lo portano a presentarsi nella cittadella viscontea di Piacenza, residenza di Galeazzo, e confessa.

La legge di quel medioevo, prevedeva per gli “incendiariorum” la certa pena di morte, ma per un nobile lo “Statuto civitate Placentiae” prevedeva “solo” il pagamento del danno. E così avviene.

Corrado subisce la dannazione della memoria dalla famiglia: gli viene data la sua parte d’eredità, paga e si ritrova abbandonato, solo con la moglie, anch’essa caduta in disgrazia con quel gesto insano. I Confalonieri però, resteranno i feudatari di Calendasco per ben tutto il XVI secolo, fino a che “migreranno” a Milano dopo il 1586 forzatamente dopo l’infausto fatto della congiura ed uccisione del 10 settembre 1547, di Pierluigi Farnese figlio di papa Paolo III. Giovan Luigi Confalonieri feudatario di Calendasco è tra i quattro fautori, e quel gesto costerà caro ancora una volta anche a San Corrado, infatti il culto per circa 50 anni sarà proibito nel feudo calendaschese e in tutto il piacentino.



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La vita di San Corrado, dal castello alla grotta
https://www.ilpiacenza.it/attualita/la-vita-di-san-corrado-dal-castello-alla-grotta.html
© IlPiacenza

citato come un “santo da neve” nella tradizione popolare piacentina, per il fatto che la festa ricade in pieno febbraio, il giorno 19. È stato un uomo segnato fin dalla prima gioventù di una sventura cruciale che darà una svolta inaspettata a tutta la sua vita.

È interessante e curiosissima la vicenda di San Corrado Confalonieri: sposato ventenne con Giovannina Vistarini di Lodi (nelle agiografie antiche è detta Eufrosina), ma già dalle ricerche d’archivio fatte nel 1611 qui a Piacenza si rintracciò appunto nel monastero di Santa Chiara di Piacenza una “Joanna Confanonerii” ancora vivente nel 1351 e che si riteneva “potesse esser senza nulla in contrario la sposa” di Corrado.

Le ricerche contemporanee sulle pergamene notarili nell’Archivio di Stato a Piacenza confermano in pieno questo dato: c’è eccome, segnalata tra le monache, anche questa “Joannina” e che ipotizziamo poi trascritto come Eufrosina, ma questo rimane un dato secondario che non inficia la storia umana del Santo piacentino.

I Confalonieri erano una famiglia di militi vescovili, importanti e considerati: negli anni del medioevo avevano un privilegio, conservato per secoli: dalle “Informattioni” inviate a Noto dai Giurati di Piacenza nel 1611 apprendiamo che “il più anziano della stirpe” accompagnava l’ingresso del nuovo vescovo cittadino accogliendolo su di una “chinea bianca”.

Il feudo più importante che avevano era quello di Calendasco, poco lontano dalla città, vicino al Grande Fiume, con terre floride, boschi e vigneti, tanto che abbiamo potuto leggere in carte d’archivio del XVI secolo far cambio di terre con il parroco di Calendasco: cedono terre coltive vicino al paese e si prendono le terre parrocchiali gerbide, sortumose e soggette a inondazione nella zona “Raganella”.

Corrado nasce in quel castello nel 1290 ma nel 1315 - felicemente sposato ma ancora senza prole - durante una battuta di caccia causa un incendio, per motivo futile, stanare la selvaggina tra i rovi per il gusto dall’alto del suo cavallo, di poter scagliare la freccia fatale.

L’incendio devasta, brucia stalle, piccoli casamenti, probabilmente c’è qualche vittima: a Piacenza comanda il ghibellino Galeazzo Visconti di Milano, che sospetta un attentato al suo potere: gli sgherri per quietare il Visconti catturano un povero contadino. La faccenda sembra risolta, non è un attentato ma solo un incendio dovuto a incompetenza, e la forca attende l’innocente. Intanto il giovane Corrado si tormenta, al sicuro nel maniero del padre lì a Calendasco, dove nessuno andrebbe a rendergli conto, ma la coscienza e il buon consiglio della consorte lo portano a presentarsi nella cittadella viscontea di Piacenza, residenza di Galeazzo, e confessa.

La legge di quel medioevo, prevedeva per gli “incendiariorum” la certa pena di morte, ma per un nobile lo “Statuto civitate Placentiae” prevedeva “solo” il pagamento del danno. E così avviene.

Corrado subisce la dannazione della memoria dalla famiglia: gli viene data la sua parte d’eredità, paga e si ritrova abbandonato, solo con la moglie, anch’essa caduta in disgrazia con quel gesto insano. I Confalonieri però, resteranno i feudatari di Calendasco per ben tutto il XVI secolo, fino a che “migreranno” a Milano dopo il 1586 forzatamente dopo l’infausto fatto della congiura ed uccisione del 10 settembre 1547, di Pierluigi Farnese figlio di papa Paolo III. Giovan Luigi Confalonieri feudatario di Calendasco è tra i quattro fautori, e quel gesto costerà caro ancora una volta anche a San Corrado, infatti il culto per circa 50 anni sarà proibito nel feudo calendaschese e in tutto il piacentino.



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La vita di San Corrado, dal castello alla grotta
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DAL CASTELLO ALLA GROTTA

LA VITA DI SAN CORRADO

 

Un evento cruciale della conversione sarà l'incendio durante la caccia, ma anche episodi cruenti dei suoi discendenti che fermeranno la diffusione del culto nel XVI secolo nel Piacentino  



E’ citato come un “santo da neve” nella tradizione popolare piacentina, per il fatto che la festa ricade in pieno febbraio esattamente il giorno 19. E’ stato un uomo segnato fin dalla prima gioventù di una sventura cruciale che darà una svolta inaspettata a tutta la sua vita. 

 

E’ interessante e curiosissima la vicenda di S. Corrado Confalonieri: sposato vent’enne con Giovannina Vistarini di Lodi (nelle agiografie antiche è detta Eufrosina) ma già dalle ricerche d’archivio fatte nel 1611 qui a Piacenza si rintracciò appunto nel monastero di Santa Chiara di Piacenza una “Joanna Confanonerii” ancora vivente nel 1351 e che si riteneva “potesse esser senza nulla in contrario la sposa” di Corrado.

 

Le ricerche contemporanee sulle pergamene notarili in Archivio di Stato a Piacenza confermano in pieno questo dato: c’è eccome, segnalata tra le monache, anche questa “Joannina” e che ipotizziamo poi trascritto come Eufrosina, ma questo rimane un dato secondario che non inficia la storia umana del Santo piacentino.

 

I Confalonieri erano una famiglia di militi vescovili, importanti e considerati: negli anni del medioevo avevano un privilegio, conservato per secoli: dalle “Informattioni” inviate a Noto dai Giurati di Piacenza nel 1611 apprendiamo che “il più anziano della stirpe” accompagnava l’ingresso del nuovo vescovo cittadino accogliendolo su di una “chinea bianca”. 

 

Il feudo più importante che avevano era quello di Calendasco, poco lontano dalla città, vicino al Grande Fiume, con terre floride, boschi e vigneti, tanto che abbiamo potuto leggere in carte d’archivio del XVI secolo far cambio di terre con il parroco di Calendasco: cedono terre coltive vicino al paese e si prendono le terre parrocchiali gerbide, sortumose e soggette a inondazione nella zona “Raganella”.

 

Corrado nasce in quel castello nel 1290 ma nel 1315 - felicemente sposato ma ancora senza prole - durante una battuta di caccia causa un incendio, per motivo futile, stanare la selvaggina tra i rovi per il gusto dall’alto del suo cavallo, di poter scagliare la freccia fatale. 

 

L’incendio devasta, brucia stalle, piccoli casamenti, probabilmente c’è qualche vittima: a Piacenza comanda il ghibellino Galeazzo Visconti di Milano, che sospetta un attentato al suo potere: gli sgherri per quietare il Visconti catturano un povero contadino. 

La faccenda sembra risolta, non è un attentato ma solo un incendio dovuto a incompetenza, e la forca attende l’innocente. Intanto il giovane Corrado si tormenta, al sicuro nel maniero del padre lì a Calendasco, dove nessuno andrebbe a rendergli conto, ma la coscienza e il buon consiglio della consorte lo portano a presentarsi nella cittadella viscontea di Piacenza, residenza di Galeazzo e confessa.

 

La legge di quel medioevo, prevedeva per gli “incendiariorum” la certa pena di morte, ma per un nobile lo “Statuto civitate Placentiae” prevedeva “solo” il pagamento del danno e così avviene. 

 

Corrado subisce la dannazione della memoria dalla famiglia: gli viene data la sua parte d’eredità, paga e si ritrova abbandonato, solo con la moglie, anch’essa caduta in disgrazia con quel gesto insano. I Confalonieri però, resteranno i feudatari di Calendasco per ben tutto il XVI secolo, fino a che “migreranno” a Milano dopo il 1586 forzatamente dopo l’infausto fatto della congiura ed uccisione del 10 settembre 1547, di Pierluigi Farnese figlio di papa Paolo III. 

 

Giovan Luigi Confalonieri feudatario di Calendasco è tra i quattro fautori, e quel gesto costerà caro ancora una volta anche a San Corrado, infatti il culto per circa 50 anni sarà proibito nel feudo calendaschese e in tutto il piacentino.

Fatto è che quindi, ormai ridotto in miseria, Corrado si dà alla religione: la moglie tra le suore clarisse in Piacenza e lui tra i laici penitenti francescani nel piccolo ospedale romitorio francigeno poco discosto da Calendasco, detto dagli antichi “del gorgolare” per il fatto del canale del mulino lì davanti dove rumoreggiavano le acque.

 

Lo accoglie frate Aristide, che reggeva questa piccola comunità francescana laica, dire che la terra piacentina sia stata luogo d’elezione di questo “terz’ordine” lo abbiamo dedotto anche dalla documentazione storica: a Piacenza nel 1280 si tenne un grande Capitolo generale di tutti questi uomini del nord Italia e questo è indicativo di come qui quest’ideale avesse attecchito seriamente.

Dopo circa otto anni se ne parte, pellegrino, frate laico teriziario, diretto a Roma e poi da Brindisi si imbarca per la Terra Santa, dopo un lungo periodo ritorna passando per Malta e da lì poi sbarca a Messina. Finalmente si incammina verso la Sicilia orientale e giunto nella città di Noto si ferma accolto nell’ospitale di San Martino e vive per certo tempo alle Celle presso il castello: ma questa volta gli tocca vivere nei sottofondi delle mura, non è più il figlio del nobile Confalonieri padrone del castello di Calendasco.

 

Ma dopo certo tempo decide di vivere in una spartanissima grotta nella rocciosa valle dei tre Pizzoni, discosta da Noto antica, e fino alla sua morte, avvenuta il 19 febbraio del 1351 vive da eremita penitente ed in santità conclamata. Compie già in vita tanti miracoli: principalmente guarisce bambini e, fatto strabiliante, fa comparire dal “nulla” piccoli pani caldi e fragranti che dona ai visitatori. 

Non ultimo ne è testimone certo, anche storicamente, il vescovo di Siracusa, che allibito, può gustare di quel pane angelico e “misterioso”.

Alla morte è accalmato santo a furor di popolo, Corrado il Santo del pane caldo, l’eremita mite e coraggioso, venuto da lontano, da una terra alle porte di Piacenza, da un piccolo borgo adagiato sulle sponde del fiume Po chiamato Calendasco, ma lo dedurrà con ricerche il vescovo di Piacenza solo nel 1617.

 

Dalla vita agiata di castellano, riverito e acclamato, a quella rude e semplice di eremita, bisognoso di tutto, lontano dalla patria natia, dagli affetti, maturato nella fede e nell’affidamento alla religione cristiana: dal castello alla grotta, dalla vita penitente e dimenticata alla memoria che spetta alla Gloria dei Cieli.

E dopo secoli il suo ricordo è ancora vivo a Noto, città d’adozione dove il Santo corpo riposa, mentre a Calendasco il suo Patronato secolare lo si intuisce anche da quelle mura di mattone rosso del grande castello, che accarezzano sul fianco la chiesa parrocchiale, molto antica e ricca delle sue effigi, di venerate reliquie insigni.

Umberto Battini

questo testo è apparso sul quotidiano di Piacenza online ILPIACENZA.it il 19 febbraio 2023


 

 

citato come un “santo da neve” nella tradizione popolare piacentina, per il fatto che la festa ricade in pieno febbraio, il giorno 19. È stato un uomo segnato fin dalla prima gioventù di una sventura cruciale che darà una svolta inaspettata a tutta la sua vita.

È interessante e curiosissima la vicenda di San Corrado Confalonieri: sposato ventenne con Giovannina Vistarini di Lodi (nelle agiografie antiche è detta Eufrosina), ma già dalle ricerche d’archivio fatte nel 1611 qui a Piacenza si rintracciò appunto nel monastero di Santa Chiara di Piacenza una “Joanna Confanonerii” ancora vivente nel 1351 e che si riteneva “potesse esser senza nulla in contrario la sposa” di Corrado.

Le ricerche contemporanee sulle pergamene notarili nell’Archivio di Stato a Piacenza confermano in pieno questo dato: c’è eccome, segnalata tra le monache, anche questa “Joannina” e che ipotizziamo poi trascritto come Eufrosina, ma questo rimane un dato secondario che non inficia la storia umana del Santo piacentino.

I Confalonieri erano una famiglia di militi vescovili, importanti e considerati: negli anni del medioevo avevano un privilegio, conservato per secoli: dalle “Informattioni” inviate a Noto dai Giurati di Piacenza nel 1611 apprendiamo che “il più anziano della stirpe” accompagnava l’ingresso del nuovo vescovo cittadino accogliendolo su di una “chinea bianca”.

Il feudo più importante che avevano era quello di Calendasco, poco lontano dalla città, vicino al Grande Fiume, con terre floride, boschi e vigneti, tanto che abbiamo potuto leggere in carte d’archivio del XVI secolo far cambio di terre con il parroco di Calendasco: cedono terre coltive vicino al paese e si prendono le terre parrocchiali gerbide, sortumose e soggette a inondazione nella zona “Raganella”.

Corrado nasce in quel castello nel 1290 ma nel 1315 - felicemente sposato ma ancora senza prole - durante una battuta di caccia causa un incendio, per motivo futile, stanare la selvaggina tra i rovi per il gusto dall’alto del suo cavallo, di poter scagliare la freccia fatale.

L’incendio devasta, brucia stalle, piccoli casamenti, probabilmente c’è qualche vittima: a Piacenza comanda il ghibellino Galeazzo Visconti di Milano, che sospetta un attentato al suo potere: gli sgherri per quietare il Visconti catturano un povero contadino. La faccenda sembra risolta, non è un attentato ma solo un incendio dovuto a incompetenza, e la forca attende l’innocente. Intanto il giovane Corrado si tormenta, al sicuro nel maniero del padre lì a Calendasco, dove nessuno andrebbe a rendergli conto, ma la coscienza e il buon consiglio della consorte lo portano a presentarsi nella cittadella viscontea di Piacenza, residenza di Galeazzo, e confessa.

La legge di quel medioevo, prevedeva per gli “incendiariorum” la certa pena di morte, ma per un nobile lo “Statuto civitate Placentiae” prevedeva “solo” il pagamento del danno. E così avviene.

Corrado subisce la dannazione della memoria dalla famiglia: gli viene data la sua parte d’eredità, paga e si ritrova abbandonato, solo con la moglie, anch’essa caduta in disgrazia con quel gesto insano. I Confalonieri però, resteranno i feudatari di Calendasco per ben tutto il XVI secolo, fino a che “migreranno” a Milano dopo il 1586 forzatamente dopo l’infausto fatto della congiura ed uccisione del 10 settembre 1547, di Pierluigi Farnese figlio di papa Paolo III. Giovan Luigi Confalonieri feudatario di Calendasco è tra i quattro fautori, e quel gesto costerà caro ancora una volta anche a San Corrado, infatti il culto per circa 50 anni sarà proibito nel feudo calendaschese e in tutto il piacentino.



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La vita di San Corrado, dal castello alla grotta
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citato come un “santo da neve” nella tradizione popolare piacentina, per il fatto che la festa ricade in pieno febbraio, il giorno 19. È stato un uomo segnato fin dalla prima gioventù di una sventura cruciale che darà una svolta inaspettata a tutta la sua vita.

È interessante e curiosissima la vicenda di San Corrado Confalonieri: sposato ventenne con Giovannina Vistarini di Lodi (nelle agiografie antiche è detta Eufrosina), ma già dalle ricerche d’archivio fatte nel 1611 qui a Piacenza si rintracciò appunto nel monastero di Santa Chiara di Piacenza una “Joanna Confanonerii” ancora vivente nel 1351 e che si riteneva “potesse esser senza nulla in contrario la sposa” di Corrado.

Le ricerche contemporanee sulle pergamene notarili nell’Archivio di Stato a Piacenza confermano in pieno questo dato: c’è eccome, segnalata tra le monache, anche questa “Joannina” e che ipotizziamo poi trascritto come Eufrosina, ma questo rimane un dato secondario che non inficia la storia umana del Santo piacentino.

I Confalonieri erano una famiglia di militi vescovili, importanti e considerati: negli anni del medioevo avevano un privilegio, conservato per secoli: dalle “Informattioni” inviate a Noto dai Giurati di Piacenza nel 1611 apprendiamo che “il più anziano della stirpe” accompagnava l’ingresso del nuovo vescovo cittadino accogliendolo su di una “chinea bianca”.

Il feudo più importante che avevano era quello di Calendasco, poco lontano dalla città, vicino al Grande Fiume, con terre floride, boschi e vigneti, tanto che abbiamo potuto leggere in carte d’archivio del XVI secolo far cambio di terre con il parroco di Calendasco: cedono terre coltive vicino al paese e si prendono le terre parrocchiali gerbide, sortumose e soggette a inondazione nella zona “Raganella”.

Corrado nasce in quel castello nel 1290 ma nel 1315 - felicemente sposato ma ancora senza prole - durante una battuta di caccia causa un incendio, per motivo futile, stanare la selvaggina tra i rovi per il gusto dall’alto del suo cavallo, di poter scagliare la freccia fatale.

L’incendio devasta, brucia stalle, piccoli casamenti, probabilmente c’è qualche vittima: a Piacenza comanda il ghibellino Galeazzo Visconti di Milano, che sospetta un attentato al suo potere: gli sgherri per quietare il Visconti catturano un povero contadino. La faccenda sembra risolta, non è un attentato ma solo un incendio dovuto a incompetenza, e la forca attende l’innocente. Intanto il giovane Corrado si tormenta, al sicuro nel maniero del padre lì a Calendasco, dove nessuno andrebbe a rendergli conto, ma la coscienza e il buon consiglio della consorte lo portano a presentarsi nella cittadella viscontea di Piacenza, residenza di Galeazzo, e confessa.

La legge di quel medioevo, prevedeva per gli “incendiariorum” la certa pena di morte, ma per un nobile lo “Statuto civitate Placentiae” prevedeva “solo” il pagamento del danno. E così avviene.

Corrado subisce la dannazione della memoria dalla famiglia: gli viene data la sua parte d’eredità, paga e si ritrova abbandonato, solo con la moglie, anch’essa caduta in disgrazia con quel gesto insano. I Confalonieri però, resteranno i feudatari di Calendasco per ben tutto il XVI secolo, fino a che “migreranno” a Milano dopo il 1586 forzatamente dopo l’infausto fatto della congiura ed uccisione del 10 settembre 1547, di Pierluigi Farnese figlio di papa Paolo III. Giovan Luigi Confalonieri feudatario di Calendasco è tra i quattro fautori, e quel gesto costerà caro ancora una volta anche a San Corrado, infatti il culto per circa 50 anni sarà proibito nel feudo calendaschese e in tutto il piacentino.



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È interessante e curiosissima la vicenda di San Corrado Confalonieri: sposato ventenne con Giovannina Vistarini di Lodi (nelle agiografie antiche è detta Eufrosina), ma già dalle ricerche d’archivio fatte nel 1611 qui a Piacenza si rintracciò appunto nel monastero di Santa Chiara di Piacenza una “Joanna Confanonerii” ancora vivente nel 1351 e che si riteneva “potesse esser senza nulla in contrario la sposa” di Corrado.

Le ricerche contemporanee sulle pergamene notarili nell’Archivio di Stato a Piacenza confermano in pieno questo dato: c’è eccome, segnalata tra le monache, anche questa “Joannina” e che ipotizziamo poi trascritto come Eufrosina, ma questo rimane un dato secondario che non inficia la storia umana del Santo piacentino.

I Confalonieri erano una famiglia di militi vescovili, importanti e considerati: negli anni del medioevo avevano un privilegio, conservato per secoli: dalle “Informattioni” inviate a Noto dai Giurati di Piacenza nel 1611 apprendiamo che “il più anziano della stirpe” accompagnava l’ingresso del nuovo vescovo cittadino accogliendolo su di una “chinea bianca”.

Il feudo più importante che avevano era quello di Calendasco, poco lontano dalla città, vicino al Grande Fiume, con terre floride, boschi e vigneti, tanto che abbiamo potuto leggere in carte d’archivio del XVI secolo far cambio di terre con il parroco di Calendasco: cedono terre coltive vicino al paese e si prendono le terre parrocchiali gerbide, sortumose e soggette a inondazione nella zona “Raganella”.

Corrado nasce in quel castello nel 1290 ma nel 1315 - felicemente sposato ma ancora senza prole - durante una battuta di caccia causa un incendio, per motivo futile, stanare la selvaggina tra i rovi per il gusto dall’alto del suo cavallo, di poter scagliare la freccia fatale.

L’incendio devasta, brucia stalle, piccoli casamenti, probabilmente c’è qualche vittima: a Piacenza comanda il ghibellino Galeazzo Visconti di Milano, che sospetta un attentato al suo potere: gli sgherri per quietare il Visconti catturano un povero contadino. La faccenda sembra risolta, non è un attentato ma solo un incendio dovuto a incompetenza, e la forca attende l’innocente. Intanto il giovane Corrado si tormenta, al sicuro nel maniero del padre lì a Calendasco, dove nessuno andrebbe a rendergli conto, ma la coscienza e il buon consiglio della consorte lo portano a presentarsi nella cittadella viscontea di Piacenza, residenza di Galeazzo, e confessa.

La legge di quel medioevo, prevedeva per gli “incendiariorum” la certa pena di morte, ma per un nobile lo “Statuto civitate Placentiae” prevedeva “solo” il pagamento del danno. E così avviene.

Corrado subisce la dannazione della memoria dalla famiglia: gli viene data la sua parte d’eredità, paga e si ritrova abbandonato, solo con la moglie, anch’essa caduta in disgrazia con quel gesto insano. I Confalonieri però, resteranno i feudatari di Calendasco per ben tutto il XVI secolo, fino a che “migreranno” a Milano dopo il 1586 forzatamente dopo l’infausto fatto della congiura ed uccisione del 10 settembre 1547, di Pierluigi Farnese figlio di papa Paolo III. Giovan Luigi Confalonieri feudatario di Calendasco è tra i quattro fautori, e quel gesto costerà caro ancora una volta anche a San Corrado, infatti il culto per circa 50 anni sarà proibito nel feudo calendaschese e in tutto il piacentino.



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Per approfondire

  • visita www.araldosancorrado.org
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  • San Corrado Confalonieri è stato un penitente, terziario francescano, vissuto da eremita in Noto, nella Valle dei Tre Pizzoni dentro ad una grotta