citato
come un “santo da neve” nella tradizione popolare piacentina, per il
fatto che la festa ricade in pieno febbraio, il giorno 19. È stato un
uomo segnato fin dalla prima gioventù di una sventura cruciale che darà
una svolta inaspettata a tutta la sua vita.
È interessante e curiosissima la vicenda di San Corrado Confalonieri:
sposato ventenne con Giovannina Vistarini di Lodi (nelle agiografie
antiche è detta Eufrosina), ma già dalle ricerche d’archivio fatte nel
1611 qui a Piacenza si rintracciò appunto nel monastero di Santa Chiara
di Piacenza una “Joanna Confanonerii” ancora vivente nel 1351 e che si
riteneva “potesse esser senza nulla in contrario la sposa” di Corrado.
Le ricerche contemporanee sulle pergamene notarili nell’Archivio di
Stato a Piacenza confermano in pieno questo dato: c’è eccome, segnalata
tra le monache, anche questa “Joannina” e che ipotizziamo poi trascritto
come Eufrosina, ma questo rimane un dato secondario che non inficia la
storia umana del Santo piacentino.
I Confalonieri erano una famiglia di militi vescovili, importanti e
considerati: negli anni del medioevo avevano un privilegio, conservato
per secoli: dalle “Informattioni” inviate a Noto dai Giurati di Piacenza
nel 1611 apprendiamo che “il più anziano della stirpe” accompagnava
l’ingresso del nuovo vescovo cittadino accogliendolo su di una “chinea
bianca”.
Il feudo più importante che avevano era quello di Calendasco, poco
lontano dalla città, vicino al Grande Fiume, con terre floride, boschi e
vigneti, tanto che abbiamo potuto leggere in carte d’archivio del XVI
secolo far cambio di terre con il parroco di Calendasco: cedono terre
coltive vicino al paese e si prendono le terre parrocchiali gerbide,
sortumose e soggette a inondazione nella zona “Raganella”.
Corrado nasce in quel castello nel 1290 ma nel 1315 - felicemente
sposato ma ancora senza prole - durante una battuta di caccia causa un
incendio, per motivo futile, stanare la selvaggina tra i rovi per il
gusto dall’alto del suo cavallo, di poter scagliare la freccia fatale.
L’incendio devasta, brucia stalle, piccoli casamenti, probabilmente
c’è qualche vittima: a Piacenza comanda il ghibellino Galeazzo Visconti
di Milano, che sospetta un attentato al suo potere: gli sgherri per
quietare il Visconti catturano un povero contadino. La faccenda sembra
risolta, non è un attentato ma solo un incendio dovuto a incompetenza, e
la forca attende l’innocente. Intanto il giovane Corrado si tormenta,
al sicuro nel maniero del padre lì a Calendasco, dove nessuno andrebbe a
rendergli conto, ma la coscienza e il buon consiglio della consorte lo
portano a presentarsi nella cittadella viscontea di Piacenza, residenza
di Galeazzo, e confessa.
La legge di quel medioevo, prevedeva per gli “incendiariorum” la
certa pena di morte, ma per un nobile lo “Statuto civitate Placentiae”
prevedeva “solo” il pagamento del danno. E così avviene.
Corrado subisce la dannazione della memoria dalla famiglia: gli viene
data la sua parte d’eredità, paga e si ritrova abbandonato, solo con la
moglie, anch’essa caduta in disgrazia con quel gesto insano. I
Confalonieri però, resteranno i feudatari di Calendasco per ben tutto il
XVI secolo, fino a che “migreranno” a Milano dopo il 1586 forzatamente
dopo l’infausto fatto della congiura ed uccisione del 10 settembre 1547,
di Pierluigi Farnese figlio di papa Paolo III. Giovan Luigi
Confalonieri feudatario di Calendasco è tra i quattro fautori, e quel
gesto costerà caro ancora una volta anche a San Corrado, infatti il
culto per circa 50 anni sarà proibito nel feudo calendaschese e in tutto
il piacentino.
--
La vita di San Corrado, dal castello alla grotta
https://www.ilpiacenza.it/attualita/la-vita-di-san-corrado-dal-castello-alla-grotta.html
© IlPiacenzacitato
come un “santo da neve” nella tradizione popolare piacentina, per il
fatto che la festa ricade in pieno febbraio, il giorno 19. È stato un
uomo segnato fin dalla prima gioventù di una sventura cruciale che darà
una svolta inaspettata a tutta la sua vita.
È interessante e curiosissima la vicenda di San Corrado Confalonieri:
sposato ventenne con Giovannina Vistarini di Lodi (nelle agiografie
antiche è detta Eufrosina), ma già dalle ricerche d’archivio fatte nel
1611 qui a Piacenza si rintracciò appunto nel monastero di Santa Chiara
di Piacenza una “Joanna Confanonerii” ancora vivente nel 1351 e che si
riteneva “potesse esser senza nulla in contrario la sposa” di Corrado.
Le ricerche contemporanee sulle pergamene notarili nell’Archivio di
Stato a Piacenza confermano in pieno questo dato: c’è eccome, segnalata
tra le monache, anche questa “Joannina” e che ipotizziamo poi trascritto
come Eufrosina, ma questo rimane un dato secondario che non inficia la
storia umana del Santo piacentino.
I Confalonieri erano una famiglia di militi vescovili, importanti e
considerati: negli anni del medioevo avevano un privilegio, conservato
per secoli: dalle “Informattioni” inviate a Noto dai Giurati di Piacenza
nel 1611 apprendiamo che “il più anziano della stirpe” accompagnava
l’ingresso del nuovo vescovo cittadino accogliendolo su di una “chinea
bianca”.
Il feudo più importante che avevano era quello di Calendasco, poco
lontano dalla città, vicino al Grande Fiume, con terre floride, boschi e
vigneti, tanto che abbiamo potuto leggere in carte d’archivio del XVI
secolo far cambio di terre con il parroco di Calendasco: cedono terre
coltive vicino al paese e si prendono le terre parrocchiali gerbide,
sortumose e soggette a inondazione nella zona “Raganella”.
Corrado nasce in quel castello nel 1290 ma nel 1315 - felicemente
sposato ma ancora senza prole - durante una battuta di caccia causa un
incendio, per motivo futile, stanare la selvaggina tra i rovi per il
gusto dall’alto del suo cavallo, di poter scagliare la freccia fatale.
L’incendio devasta, brucia stalle, piccoli casamenti, probabilmente
c’è qualche vittima: a Piacenza comanda il ghibellino Galeazzo Visconti
di Milano, che sospetta un attentato al suo potere: gli sgherri per
quietare il Visconti catturano un povero contadino. La faccenda sembra
risolta, non è un attentato ma solo un incendio dovuto a incompetenza, e
la forca attende l’innocente. Intanto il giovane Corrado si tormenta,
al sicuro nel maniero del padre lì a Calendasco, dove nessuno andrebbe a
rendergli conto, ma la coscienza e il buon consiglio della consorte lo
portano a presentarsi nella cittadella viscontea di Piacenza, residenza
di Galeazzo, e confessa.
La legge di quel medioevo, prevedeva per gli “incendiariorum” la
certa pena di morte, ma per un nobile lo “Statuto civitate Placentiae”
prevedeva “solo” il pagamento del danno. E così avviene.
Corrado subisce la dannazione della memoria dalla famiglia: gli viene
data la sua parte d’eredità, paga e si ritrova abbandonato, solo con la
moglie, anch’essa caduta in disgrazia con quel gesto insano. I
Confalonieri però, resteranno i feudatari di Calendasco per ben tutto il
XVI secolo, fino a che “migreranno” a Milano dopo il 1586 forzatamente
dopo l’infausto fatto della congiura ed uccisione del 10 settembre 1547,
di Pierluigi Farnese figlio di papa Paolo III. Giovan Luigi
Confalonieri feudatario di Calendasco è tra i quattro fautori, e quel
gesto costerà caro ancora una volta anche a San Corrado, infatti il
culto per circa 50 anni sarà proibito nel feudo calendaschese e in tutto
il piacentino.
--
La vita di San Corrado, dal castello alla grotta
https://www.ilpiacenza.it/attualita/la-vita-di-san-corrado-dal-castello-alla-grotta.html
© IlPiacenza
DAL
CASTELLO ALLA GROTTA
LA
VITA DI SAN CORRADO
Un evento cruciale della conversione sarà l'incendio durante la caccia, ma anche episodi cruenti dei suoi discendenti che fermeranno la diffusione del culto nel XVI secolo nel Piacentino
E’
citato come un “santo da neve” nella tradizione popolare
piacentina, per il fatto che la festa ricade in pieno febbraio
esattamente il giorno 19. E’ stato un uomo segnato fin dalla prima
gioventù di una sventura cruciale che darà una svolta inaspettata a
tutta la sua vita.
E’ interessante e curiosissima la vicenda di S.
Corrado Confalonieri: sposato vent’enne con Giovannina Vistarini di
Lodi (nelle agiografie antiche è detta Eufrosina) ma già dalle
ricerche d’archivio fatte nel 1611 qui a Piacenza si rintracciò
appunto nel monastero di Santa Chiara di Piacenza una “Joanna
Confanonerii” ancora vivente nel 1351 e che si riteneva “potesse
esser senza nulla in contrario la sposa” di Corrado.
Le
ricerche contemporanee sulle pergamene notarili in Archivio di Stato
a Piacenza confermano in pieno questo dato: c’è eccome, segnalata
tra le monache, anche questa “Joannina” e che ipotizziamo poi
trascritto come Eufrosina, ma questo rimane un dato secondario che
non inficia la storia umana del Santo piacentino.
I
Confalonieri erano una famiglia di militi vescovili, importanti e
considerati: negli anni del medioevo avevano un privilegio,
conservato per secoli: dalle “Informattioni” inviate a Noto dai
Giurati di Piacenza nel 1611 apprendiamo che “il più anziano della
stirpe” accompagnava l’ingresso del nuovo vescovo cittadino
accogliendolo su di una “chinea bianca”.
Il
feudo più importante che avevano era quello di Calendasco, poco
lontano dalla città, vicino al Grande Fiume, con terre floride,
boschi e vigneti, tanto che abbiamo potuto leggere in carte
d’archivio del XVI secolo far cambio di terre con il parroco di
Calendasco: cedono terre coltive vicino al paese e si prendono le
terre parrocchiali gerbide, sortumose e soggette a inondazione nella
zona “Raganella”.
Corrado
nasce in quel castello nel 1290 ma nel 1315 - felicemente sposato ma
ancora senza prole - durante una battuta di caccia causa un incendio,
per motivo futile, stanare la selvaggina tra i rovi per il gusto
dall’alto del suo cavallo, di poter scagliare la freccia fatale.
L’incendio
devasta, brucia stalle, piccoli casamenti, probabilmente c’è
qualche vittima: a Piacenza comanda il ghibellino Galeazzo Visconti
di Milano, che sospetta un attentato al suo potere: gli sgherri per
quietare il Visconti catturano un povero contadino.
La faccenda
sembra risolta, non è un attentato ma solo un incendio dovuto a
incompetenza, e la forca attende l’innocente. Intanto il giovane
Corrado si tormenta, al sicuro nel maniero del padre lì a
Calendasco, dove nessuno andrebbe a rendergli conto, ma la coscienza
e il buon consiglio della consorte lo portano a presentarsi nella
cittadella viscontea di Piacenza, residenza di Galeazzo e confessa.
La
legge di quel medioevo, prevedeva per gli “incendiariorum” la
certa pena di morte, ma per un nobile lo “Statuto civitate
Placentiae” prevedeva “solo” il pagamento del danno e così
avviene.
Corrado
subisce la dannazione della memoria dalla famiglia: gli viene data la
sua parte d’eredità, paga e si ritrova abbandonato, solo con la
moglie, anch’essa caduta in disgrazia con quel gesto insano. I
Confalonieri però, resteranno i feudatari di Calendasco per ben
tutto il XVI secolo, fino a che “migreranno” a Milano dopo il
1586 forzatamente dopo l’infausto fatto della congiura ed uccisione
del 10 settembre 1547, di Pierluigi Farnese figlio di papa Paolo III.
Giovan Luigi Confalonieri feudatario di Calendasco è tra i quattro
fautori, e quel gesto costerà caro ancora una volta anche a San
Corrado, infatti il culto per circa 50 anni sarà proibito nel feudo
calendaschese e in tutto il piacentino.
Fatto
è che quindi, ormai ridotto in miseria, Corrado si dà alla
religione: la moglie tra le suore clarisse in Piacenza e lui tra i
laici penitenti francescani nel piccolo ospedale romitorio francigeno
poco discosto da Calendasco, detto dagli antichi “del gorgolare”
per il fatto del canale del mulino lì davanti dove rumoreggiavano le
acque.
Lo
accoglie frate Aristide, che reggeva questa piccola comunità
francescana laica, dire che la terra piacentina sia stata luogo
d’elezione di questo “terz’ordine” lo abbiamo dedotto anche
dalla documentazione storica: a Piacenza nel 1280 si tenne un grande
Capitolo generale di tutti questi uomini del nord Italia e questo è
indicativo di come qui quest’ideale avesse attecchito seriamente.
Dopo
circa otto anni se ne parte, pellegrino, frate laico teriziario,
diretto a Roma e poi da Brindisi si imbarca per la Terra Santa, dopo
un lungo periodo ritorna passando per Malta e da lì poi sbarca a
Messina. Finalmente si incammina verso la Sicilia orientale e giunto
nella città di Noto si ferma accolto nell’ospitale di San Martino
e vive per certo tempo alle Celle presso il castello: ma questa volta
gli tocca vivere nei sottofondi delle mura, non è più il figlio del
nobile Confalonieri padrone del castello di Calendasco.
Ma
dopo certo tempo decide di vivere in una spartanissima grotta nella
rocciosa valle dei tre Pizzoni, discosta da Noto antica, e fino alla
sua morte, avvenuta il 19 febbraio del 1351 vive da eremita penitente
ed in santità conclamata. Compie già in vita tanti miracoli:
principalmente guarisce bambini e, fatto strabiliante, fa comparire
dal “nulla” piccoli pani caldi e fragranti che dona ai
visitatori.
Non ultimo ne è testimone certo, anche storicamente, il
vescovo di Siracusa, che allibito, può gustare di quel pane angelico
e “misterioso”.
Alla
morte è accalmato santo a furor di popolo, Corrado il Santo del pane
caldo, l’eremita mite e coraggioso, venuto da lontano, da una terra
alle porte di Piacenza, da un piccolo borgo adagiato sulle sponde del
fiume Po chiamato Calendasco, ma lo dedurrà con ricerche il vescovo
di Piacenza solo nel 1617.
Dalla
vita agiata di castellano, riverito e acclamato, a quella rude e
semplice di eremita, bisognoso di tutto, lontano dalla patria natia,
dagli affetti, maturato nella fede e nell’affidamento alla
religione cristiana: dal castello alla grotta, dalla vita penitente e
dimenticata alla memoria che spetta alla Gloria dei Cieli.
E
dopo secoli il suo ricordo è ancora vivo a Noto, città d’adozione
dove il Santo corpo riposa, mentre a Calendasco il suo Patronato
secolare lo si intuisce anche da quelle mura di mattone rosso del
grande castello, che accarezzano sul fianco la chiesa parrocchiale,
molto antica e ricca delle sue effigi, di venerate reliquie insigni.
Umberto
Battini
questo testo è apparso sul quotidiano di Piacenza online ILPIACENZA.it il 19 febbraio 2023

citato
come un “santo da neve” nella tradizione popolare piacentina, per il
fatto che la festa ricade in pieno febbraio, il giorno 19. È stato un
uomo segnato fin dalla prima gioventù di una sventura cruciale che darà
una svolta inaspettata a tutta la sua vita.
È interessante e curiosissima la vicenda di San Corrado Confalonieri:
sposato ventenne con Giovannina Vistarini di Lodi (nelle agiografie
antiche è detta Eufrosina), ma già dalle ricerche d’archivio fatte nel
1611 qui a Piacenza si rintracciò appunto nel monastero di Santa Chiara
di Piacenza una “Joanna Confanonerii” ancora vivente nel 1351 e che si
riteneva “potesse esser senza nulla in contrario la sposa” di Corrado.
Le ricerche contemporanee sulle pergamene notarili nell’Archivio di
Stato a Piacenza confermano in pieno questo dato: c’è eccome, segnalata
tra le monache, anche questa “Joannina” e che ipotizziamo poi trascritto
come Eufrosina, ma questo rimane un dato secondario che non inficia la
storia umana del Santo piacentino.
I Confalonieri erano una famiglia di militi vescovili, importanti e
considerati: negli anni del medioevo avevano un privilegio, conservato
per secoli: dalle “Informattioni” inviate a Noto dai Giurati di Piacenza
nel 1611 apprendiamo che “il più anziano della stirpe” accompagnava
l’ingresso del nuovo vescovo cittadino accogliendolo su di una “chinea
bianca”.
Il feudo più importante che avevano era quello di Calendasco, poco
lontano dalla città, vicino al Grande Fiume, con terre floride, boschi e
vigneti, tanto che abbiamo potuto leggere in carte d’archivio del XVI
secolo far cambio di terre con il parroco di Calendasco: cedono terre
coltive vicino al paese e si prendono le terre parrocchiali gerbide,
sortumose e soggette a inondazione nella zona “Raganella”.
Corrado nasce in quel castello nel 1290 ma nel 1315 - felicemente
sposato ma ancora senza prole - durante una battuta di caccia causa un
incendio, per motivo futile, stanare la selvaggina tra i rovi per il
gusto dall’alto del suo cavallo, di poter scagliare la freccia fatale.
L’incendio devasta, brucia stalle, piccoli casamenti, probabilmente
c’è qualche vittima: a Piacenza comanda il ghibellino Galeazzo Visconti
di Milano, che sospetta un attentato al suo potere: gli sgherri per
quietare il Visconti catturano un povero contadino. La faccenda sembra
risolta, non è un attentato ma solo un incendio dovuto a incompetenza, e
la forca attende l’innocente. Intanto il giovane Corrado si tormenta,
al sicuro nel maniero del padre lì a Calendasco, dove nessuno andrebbe a
rendergli conto, ma la coscienza e il buon consiglio della consorte lo
portano a presentarsi nella cittadella viscontea di Piacenza, residenza
di Galeazzo, e confessa.
La legge di quel medioevo, prevedeva per gli “incendiariorum” la
certa pena di morte, ma per un nobile lo “Statuto civitate Placentiae”
prevedeva “solo” il pagamento del danno. E così avviene.
Corrado subisce la dannazione della memoria dalla famiglia: gli viene
data la sua parte d’eredità, paga e si ritrova abbandonato, solo con la
moglie, anch’essa caduta in disgrazia con quel gesto insano. I
Confalonieri però, resteranno i feudatari di Calendasco per ben tutto il
XVI secolo, fino a che “migreranno” a Milano dopo il 1586 forzatamente
dopo l’infausto fatto della congiura ed uccisione del 10 settembre 1547,
di Pierluigi Farnese figlio di papa Paolo III. Giovan Luigi
Confalonieri feudatario di Calendasco è tra i quattro fautori, e quel
gesto costerà caro ancora una volta anche a San Corrado, infatti il
culto per circa 50 anni sarà proibito nel feudo calendaschese e in tutto
il piacentino.
--
La vita di San Corrado, dal castello alla grotta
https://www.ilpiacenza.it/attualita/la-vita-di-san-corrado-dal-castello-alla-grotta.html
© IlPiacenzacitato
come un “santo da neve” nella tradizione popolare piacentina, per il
fatto che la festa ricade in pieno febbraio, il giorno 19. È stato un
uomo segnato fin dalla prima gioventù di una sventura cruciale che darà
una svolta inaspettata a tutta la sua vita.
È interessante e curiosissima la vicenda di San Corrado Confalonieri:
sposato ventenne con Giovannina Vistarini di Lodi (nelle agiografie
antiche è detta Eufrosina), ma già dalle ricerche d’archivio fatte nel
1611 qui a Piacenza si rintracciò appunto nel monastero di Santa Chiara
di Piacenza una “Joanna Confanonerii” ancora vivente nel 1351 e che si
riteneva “potesse esser senza nulla in contrario la sposa” di Corrado.
Le ricerche contemporanee sulle pergamene notarili nell’Archivio di
Stato a Piacenza confermano in pieno questo dato: c’è eccome, segnalata
tra le monache, anche questa “Joannina” e che ipotizziamo poi trascritto
come Eufrosina, ma questo rimane un dato secondario che non inficia la
storia umana del Santo piacentino.
I Confalonieri erano una famiglia di militi vescovili, importanti e
considerati: negli anni del medioevo avevano un privilegio, conservato
per secoli: dalle “Informattioni” inviate a Noto dai Giurati di Piacenza
nel 1611 apprendiamo che “il più anziano della stirpe” accompagnava
l’ingresso del nuovo vescovo cittadino accogliendolo su di una “chinea
bianca”.
Il feudo più importante che avevano era quello di Calendasco, poco
lontano dalla città, vicino al Grande Fiume, con terre floride, boschi e
vigneti, tanto che abbiamo potuto leggere in carte d’archivio del XVI
secolo far cambio di terre con il parroco di Calendasco: cedono terre
coltive vicino al paese e si prendono le terre parrocchiali gerbide,
sortumose e soggette a inondazione nella zona “Raganella”.
Corrado nasce in quel castello nel 1290 ma nel 1315 - felicemente
sposato ma ancora senza prole - durante una battuta di caccia causa un
incendio, per motivo futile, stanare la selvaggina tra i rovi per il
gusto dall’alto del suo cavallo, di poter scagliare la freccia fatale.
L’incendio devasta, brucia stalle, piccoli casamenti, probabilmente
c’è qualche vittima: a Piacenza comanda il ghibellino Galeazzo Visconti
di Milano, che sospetta un attentato al suo potere: gli sgherri per
quietare il Visconti catturano un povero contadino. La faccenda sembra
risolta, non è un attentato ma solo un incendio dovuto a incompetenza, e
la forca attende l’innocente. Intanto il giovane Corrado si tormenta,
al sicuro nel maniero del padre lì a Calendasco, dove nessuno andrebbe a
rendergli conto, ma la coscienza e il buon consiglio della consorte lo
portano a presentarsi nella cittadella viscontea di Piacenza, residenza
di Galeazzo, e confessa.
La legge di quel medioevo, prevedeva per gli “incendiariorum” la
certa pena di morte, ma per un nobile lo “Statuto civitate Placentiae”
prevedeva “solo” il pagamento del danno. E così avviene.
Corrado subisce la dannazione della memoria dalla famiglia: gli viene
data la sua parte d’eredità, paga e si ritrova abbandonato, solo con la
moglie, anch’essa caduta in disgrazia con quel gesto insano. I
Confalonieri però, resteranno i feudatari di Calendasco per ben tutto il
XVI secolo, fino a che “migreranno” a Milano dopo il 1586 forzatamente
dopo l’infausto fatto della congiura ed uccisione del 10 settembre 1547,
di Pierluigi Farnese figlio di papa Paolo III. Giovan Luigi
Confalonieri feudatario di Calendasco è tra i quattro fautori, e quel
gesto costerà caro ancora una volta anche a San Corrado, infatti il
culto per circa 50 anni sarà proibito nel feudo calendaschese e in tutto
il piacentino.
--
La vita di San Corrado, dal castello alla grotta
https://www.ilpiacenza.it/attualita/la-vita-di-san-corrado-dal-castello-alla-grotta.html
© IlPiacenzacitato
come un “santo da neve” nella tradizione popolare piacentina, per il
fatto che la festa ricade in pieno febbraio, il giorno 19. È stato un
uomo segnato fin dalla prima gioventù di una sventura cruciale che darà
una svolta inaspettata a tutta la sua vita.
È interessante e curiosissima la vicenda di San Corrado Confalonieri:
sposato ventenne con Giovannina Vistarini di Lodi (nelle agiografie
antiche è detta Eufrosina), ma già dalle ricerche d’archivio fatte nel
1611 qui a Piacenza si rintracciò appunto nel monastero di Santa Chiara
di Piacenza una “Joanna Confanonerii” ancora vivente nel 1351 e che si
riteneva “potesse esser senza nulla in contrario la sposa” di Corrado.
Le ricerche contemporanee sulle pergamene notarili nell’Archivio di
Stato a Piacenza confermano in pieno questo dato: c’è eccome, segnalata
tra le monache, anche questa “Joannina” e che ipotizziamo poi trascritto
come Eufrosina, ma questo rimane un dato secondario che non inficia la
storia umana del Santo piacentino.
I Confalonieri erano una famiglia di militi vescovili, importanti e
considerati: negli anni del medioevo avevano un privilegio, conservato
per secoli: dalle “Informattioni” inviate a Noto dai Giurati di Piacenza
nel 1611 apprendiamo che “il più anziano della stirpe” accompagnava
l’ingresso del nuovo vescovo cittadino accogliendolo su di una “chinea
bianca”.
Il feudo più importante che avevano era quello di Calendasco, poco
lontano dalla città, vicino al Grande Fiume, con terre floride, boschi e
vigneti, tanto che abbiamo potuto leggere in carte d’archivio del XVI
secolo far cambio di terre con il parroco di Calendasco: cedono terre
coltive vicino al paese e si prendono le terre parrocchiali gerbide,
sortumose e soggette a inondazione nella zona “Raganella”.
Corrado nasce in quel castello nel 1290 ma nel 1315 - felicemente
sposato ma ancora senza prole - durante una battuta di caccia causa un
incendio, per motivo futile, stanare la selvaggina tra i rovi per il
gusto dall’alto del suo cavallo, di poter scagliare la freccia fatale.
L’incendio devasta, brucia stalle, piccoli casamenti, probabilmente
c’è qualche vittima: a Piacenza comanda il ghibellino Galeazzo Visconti
di Milano, che sospetta un attentato al suo potere: gli sgherri per
quietare il Visconti catturano un povero contadino. La faccenda sembra
risolta, non è un attentato ma solo un incendio dovuto a incompetenza, e
la forca attende l’innocente. Intanto il giovane Corrado si tormenta,
al sicuro nel maniero del padre lì a Calendasco, dove nessuno andrebbe a
rendergli conto, ma la coscienza e il buon consiglio della consorte lo
portano a presentarsi nella cittadella viscontea di Piacenza, residenza
di Galeazzo, e confessa.
La legge di quel medioevo, prevedeva per gli “incendiariorum” la
certa pena di morte, ma per un nobile lo “Statuto civitate Placentiae”
prevedeva “solo” il pagamento del danno. E così avviene.
Corrado subisce la dannazione della memoria dalla famiglia: gli viene
data la sua parte d’eredità, paga e si ritrova abbandonato, solo con la
moglie, anch’essa caduta in disgrazia con quel gesto insano. I
Confalonieri però, resteranno i feudatari di Calendasco per ben tutto il
XVI secolo, fino a che “migreranno” a Milano dopo il 1586 forzatamente
dopo l’infausto fatto della congiura ed uccisione del 10 settembre 1547,
di Pierluigi Farnese figlio di papa Paolo III. Giovan Luigi
Confalonieri feudatario di Calendasco è tra i quattro fautori, e quel
gesto costerà caro ancora una volta anche a San Corrado, infatti il
culto per circa 50 anni sarà proibito nel feudo calendaschese e in tutto
il piacentino.
--
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