LETTURE DEL BLOG N. 120.882 AL 24 GENNAIO 2024

AUGURI 2021-2022

L'ESERCITO BUONO
DI SAN CORRADO
PORTATORI DELL' ARCA 
E PORTATORI DEI CILII

NOTO
La processione solenne del 19 febbraio 2020 l'ultima prima del periodo covid
 
A U G U R I   BUON ANNO NUOVO 2022


CALENDARIO 2022

AMICI DEVOTI DI SAN CORRADO

il Calendario 2022 in formato A3
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e alla pagina che si apre cliccate SCARICA
viva S. Corrado, voster Umberto Battini Calendasco/Piacenza/Noto
 


QUADRO EREMO EVENTO

DEVOTI E FEDELI

AL SANTUARIO DI NOTO

DI SAN CORRADO
Sabato 6 novembre 2021 alle ore 11

Torna SalvalarteSicilia, quest' anno la campagna di Legambiente, che da 25 anni pone l' attenzione sul patrimonio culturale, farà tappa a Noto per parlare di un capolavoro della pittura, conservato all eremo di San corrado fuori le Mura, "L' apparizione della Madonna a San Corrado" del 1759 di Sebastiano Conca, maestro del barocchetto, vissuto a cavallo del passaggio dal tardo barocco al rococò, l'opera è certamente la più prestigiosa tela presente in provincia dopo "Il seppellimento di S. Lucia" di Caravaggio.
Obiettivo dell'evento divulgarne il prestigio e valutarne alcune criticità

ARTICOLO DEL 2012

INTERESSANTI NOTIZIE
CHE NON VANNO SOTTOVALUTATE
articolo a tutta pagina pubblicato sul quotidiano Libertà di Piacenza
il 15 febbraio 2012 
SAN CORRADO CONFALONIERI
L'EREMITA PENITENTE
 
di Umberto Battini
 
La figura storica di questo Santo piacentino passa attraverso la contestualizzazione con il territorio, non ultima quella che oggi è la Via Francigena.  Difatti il nostro Santo Eremita inizia la sua avventura spirituale da quel piccolo borgo che è Calendasco: il castello e l’hospitio-romitorio. Ai nostri giorni abbiamo proprio qui sul Po, il passo francigeno detto “di Sigerico”. 
 
Il romitorio già verso il 1280 era retto da frà Aristide, maestro spirituale di s. Corrado e superiore del piccolo ospedale, proprio frà Aristide nel 1290 andò a Montefalco per presiedere alla costruzione del convento di s. Chiara e poi tornò a reggere la sua Comunità piacentina di fraticelli della penitenza o del terz’ordine francescano. Nel 1315 circa vi è l’incendio devastante causato dal Confalonieri durante la caccia, e se fino a qualche anno fa la storiografia lo indicava essere nei pressi di Celleri, basandosi solo su una tradizione, ora abbiamo il sostegno di una pergamena che ribalta e corrobora la storia. L’abbiamo rintracciata in Archivio di Stato a Parma nel fondo del monastero di Quartazzola, è una pergamena in scrittura corsiva latina datata 11 gennaio 1589. 
 
Questa investitura di un fondo terriero di 200 pertiche piacentine (circa 45 campi da calcio) ci dice che le terre in direzione di S. Nicolò a Trebbia e che coinvolgono anche il territorio di Calendasco sono chiamate “alla Brugiata”. 
Questo grande spazio rurale fatto di campi coltivabili, boschi  e viti con ragione possiamo intenderlo come la prova che lì un tempo vi fu un grande incendio, indicato appunto dalla toponomastica che chiama tutto quell’appezzamento “Bruciata” nonostante fosse stato terreno fertile e coltivo. D’altra parte anche le “case bruciate” di Celleri sono una indicazione toponomastica così come il “molino bruciato” di Calendasco. Gli Statuti piacentini più antichi, quelli del feroce Galeazzo Visconti (1322 – 1336) prevedevano per l’incendio doloso varie pene a seconda della gravità ed entità dello stesso, ma il reo poteva pagare il danno al Comune con una grande somma pari a 200 lire oppure era libero – tra virgolette - di fare una volontaria cessione di tutti i beni. 
 
Senza addentrarci nella questione, possiamo credere fosse appunto questa la pena dovuta per l’incendio del nostro santo come già la storia secolare tramanda e ancor più quella del XV e XVI secolo scritta nella lontana Noto. Lo sviluppo del culto al Santo Penitente ha una svolta in Piacenza nel 1611, quando giunge la lettera del 1610 scritta dai Giurati da Noto, bellissima città sicula nella quale da ormai sette secoli si conserva con somma venerazione il corpo del Confalonieri. Nella lettera si chiede di far ricerche negli archivi piacentini per scoprire quello che il santo frate “habbia molto più occultato per humiltà di quello che s’é investigato”. La risposta è in parte nella lettera spedita da Piacenza nel 1611 che vede gli Anziani e Priori comunicare quanto avevan potuto sapere. Allegano alla missiva una “Informatione circa l’Illustre Famiglia Confaloniera” dalla quale leggiamo testualmente che nel Monastero francescano di S. Chiara, ancor oggi visibile sullo Stradone Farnese, tra le tante cose avevan “trovato notitia di una suor Gioannina Confalloniera che specialmente viveva  nel 1340 et anco nel 1356” e che poteva essere la moglie del Santo Corrado al tempo della sua vita piacentina. Come detto, in questi primi decenni del 1600 assistiamo a Piacenza un rincorrersi di espressione di devozione e di propaganda del culto molto significativa a s. Corrado Confalonieri. 
 
In Cattedrale gli si erige una cappella dipinta ed ornata con altare e tutto per volontà di Gian Luigi Confalonieri, affrescata nel 1613 dal Galeani pittore di Lodi, queste belle quattro vele sono ancor oggi visibili e recentemente restaurate. Rappresentano scene basilari della Vita del Santo Eremita. Qualche anno dopo vi venne collocata una bella tela del Lanfranco, che nel periodo napoleonico fu trafugata ed ora è esposta nel museo di Lione in Francia. Anche il canonico del duomo Pier Maria Campi scrisse una Vita del Santo Corrado per assolvere alle richieste dei netini che desideravano maggiori notizie e fu pubblicata nel 1614 a Piacenza. Cosa ancor più notabile, il vescovo mons. Claudio Rangoni che era stato investito anch’egli dagli Anziani di Noto di far ricerche sul santo piacentino, suggella le ricerche storiche andando a validare di proprio pugno il Legato Sancti Conradi. Redatto nel Palazzo Episcopale dal Cancelliere e Notaio della curia il 9 agosto 1617, vede la volontà del Conte Zanardi Landi di erigere una cappella ed altare al Santo piacentino nella chiesa di Calendasco. 
 
A fondamento dell’atto giuridico che ha valore pubblico con proprie forme solenni, secondo le regole ferree della diplomatica, vi si afferma che i Confalonieri erano abitatori e feudatari di Calendasco; che il culto era già esistente e che andava rinvigorito proprio nel borgo citato e, si badi bene, cosa importantissima per la storiografia è che si afferma che il santo Corrado è nato fisicamente in Calendasco “in eodem loco”. Dal punto di vista storico questa è una notizia eccezionale perché và a chiudere tessere mancanti e apre ancor più a nuovi stimoli di ricerca. Il famoso Legato in scrittura latina, dopo aver illustrato clausole e somme circa il culto e la santa messa in onore al Santo, si conclude con la firma dei testimoni e del vescovo che “per tutti e per ognuno, e dopo aver osservate le debite formalità della legge, dalla pienezza della sua autorità Episcopale, interpose e interpone e parimenti decreta.”. E proprio Calendasco – unico caso in tutta la diocesi piacentina – lo avrà quale Patrono da quei giorni andando anche ad abbellire la cappella del Santo con  la stupenda pala che lo raffigura ormai vecchio penitente con sullo sfondo il ricordo dell’incendio frutto della sua conversione e cambiamento di vita. Purtroppo gli affreschi esistenti su alcune pareti laterali della chiesa, con scene della Vita Conradi vennero coperti da una pittura omogenea nel 1971 durante i grandi lavori di adeguamento dello spazio liturgico secondo i canoni prospettati dal Concilio Vaticano II voluti dallo storico arciprete del borgo nonché Canonico di S. Antonino don Federico Peratici. 
 
Oggi si ammirano di quegli anni gli affreschi del piacentino Ricchetti e in particolare il suo possente san Corrado sotto la croce posto nell’abside tra santi piacentini. La Tradizione ce lo fa conoscere come San Corrado da Piacenza, e questo giustamente perché la Casata Confalonieri possedeva anche in città in zona S. Eufemia un palazzo ed in Cattedrale si eresse la bella cappella con altare oggi demoliti, e per di più la città è indicativa di un’area facilmente individuabile da qualsiasi devoto in Italia. 
 
Resta però il dato storico: la nascita fisica del Santo nel piccolo feudo e borgo di Calendasco, un dato che perlomeno non va ignorato ma anzi dovrebbe essere con serietà riconosciuto. Ma c’è pure un altro aspetto da porre sotto attenzione e che poco si è valorizzato, riguarda gli accadimenti propri del 1300 e che ebbero anche una ripercussione su coloro i quali vivevano da laici convertiti e penitenti come il nostro Corrado. Il papa Giovanni XXII nel 1318 con una bolla aveva scomunicato i frati dissidenti detti volgarmente “spirituali” facilmente confondibili per tipologia d’abito con i fratres de la penitentia francescani. Già nel 1312 un folto gruppo di questi era fuggito, con altri del nord Italia, in Sicilia terra poi d’elezione del nostro eremita. Se Corrado nel 1315 vive la famigerata causa dell’incendio, da una parte lo vediamo essere sotto il martello e l’incudine, perché egli è guelfo e quindi schierato con la Chiesa diversamente dal Galeazzo Visconti ghibellino, però allo stesso tempo veste l’abito bigio penitenziale terziario confuso con quello degli “eretici” che, lo sappiamo dal frate Aristide, seguiva la Regola del 1289 per i laici religiosi, la famosissima Supra Montem di papa Niccolò IV. Nel contempo la confusione era estrema: anche i Poveri Eremiti del frate Clareno furono sciolti ed il pasticcio tra Beghini e Spirituali era talmente esteso che con una altra bolla del 1319 lo stesso papa Giovanni XXII dovette difendere e proteggere ufficialmente i Penitenti e Terziari francescani dicendo che non andavano confusi con i ribelli. Ed anche la cosiddetta faccenda Templare coinvolge gli anni corradiani; l’istruttoria contro i frati Templari si aprì nel 1307 e si concluse nel 1312. 
 
Come sappiamo i templari di Piacenza furono tutti assolti dall’accusa di eresia nel 1310 ed anzi già nel 1304, al primo sentore di cattive notizie a loro riguardo, avevano donato i loro beni ai domenicani piacentini. Era questo il clima politico-sociale e religioso che vigeva quando san Corrado ebbe il suo incontro con quelli che la Vita Conradi più antica, il manoscritto netino del XIV secolo, diceva esser stati poviri et servituri di Deu. 
Altra questione sul fuoco – termine adatto per una santo “incendiario” - è quella dell’iter della sua beatificazione e poi santificazione. A Noto, e per fortuna proprio là, diremmo oggi rileggendo i fatti e la storia, in quella lontana città ove visse da eremita nella grotta dei Pizzoni, alla sua morte avvenuta nella tarda mattinata del 19 febbraio 1351, immediatamente ne furono riconosciute le virtù di santità; già da vivo infatti Corrado compì tanti e copiosi miracoli: primo resta quello del pane che caldo portava fuori dalla grotta ai tanti miseri e visitatori. Non avevan certo bisogno di tante altre prove i cittadini di Noto per riconoscere in lui un sant’uomo, l’avevano sperimentato da vivo e ne portavano memoria e rispetto estremi. Tralasciamo qui di approfondire ulteriori fatti venuti da Noto e atteniamoci alla sua patria piacentina. Nei secoli successivi, durante l’iter diciamo “romano” della causa, un aspetto che la storiografia corradiana non prende in considerazione e che mettiamo sul piatto, è strettamente connesso ai suoi discendenti di Piacenza e Calendasco nel particolare. Infatti nel 1547 il duca Pierluigi Farnese fu assassinato a Piacenza e tra i Nobili cospiratori è anche Giovan Luigi Confalonieri feudatario di Calendasco. Il Duca sappiamo che era figlio di papa Paolo III e la famiglia Farnese una delle più in vista a Roma. Dopo varie vicende si arrivò alla confisca dei beni dei congiurati e tra questi quelli appartenuti appunto anche al Confalonieri assassino, tutto questo circa quaranta anni dopo il fatto. In Archivio di Stato di Parma abbiamo consultato gli atti della confisca e tra i beni che possedeva a Calendasco il feudatario Giovan Luigi Confalonieri e suoi fratelli, vi è anche una parte di quello che è l’hospitio posto in “Co’ di Borgo” cioè all’inizio del paese come è ancora attualmente oggi visibile. 
 
I beni sono acquistati dallo Zanardi Landi e con quella fortissima somma il congiurato in questione è costretto al bando da Piacenza e portarsi a Milano. Casi della storia: Giovan Luigi Confalonieri, colui che circa cinquant’anni prima uccise il Duca piacentino, nei primi anni del 1600 fu fatto Capitano di Giustizia a Milano. Questa sintesi per far comprendere con logica come mai l’iter di santità del nostro Eremita non potè che concludersi in pieno seicento; la macchia della Casata dei Confalonieri d’aver ucciso il figlio di Paolo III si trascinò certamente per anni, anche come memoria nella stessa Curia Vaticana. La causa per la santità cominciata a Noto nel 1485, poi sospesa, vede la conferma del culto nel 1515 per mano di papa Leone X; la conclusione per brevità possiamo porla con la bolla di papa Urbano VIII che nel 1625 concede al Ministro Generale dei Frati Minori Cappuccini di celebrare la festa del Santo Corrado in tutto l’Ordine francescano dell’orbe. Intanto restiamo in attesa del gemellaggio tra le diocesi di Piacenza e Noto auspicando che la cosa non si risolva in sola retorica e a beneficio dei soliti noti ma che possa coinvolgere appieno tutti quei devoti che in vario modo amano e studiano questa bella figura di Santo. 
 
Umberto Battini
 

NUOVA STATUA 2021

TI AMIAMO E LO DIMOSTRIAMO
QUESTA STATUA UN SEGNO DI RICONOSCENZA
 
L'Eremo adesso è perfettamente servito: la statua immensa e bella sul piazzale d'ingresso, la statua antica posta nella nicchia scavata nella roccia sopra alla grotta nel Santuario e adesso questa statua, pronta per esser portata nella processioni in loco e esposta alla venerazione dei fedeli.
Appena raccolte le informazioni, per amore del vero del bello e del giusto daremo anche la notizia dell'artista che l'ha relizzata e quant'altro utile alla storia che da ora accompagnerà questa bellissima opera d'artista dedicata al Patrono!
La nuova statua inaugurata nella santa messa di domenica 5 settembre 2021 in occasione della Festa dell'Ottava di S. Corrado.
Ieratico e per certi aspetti anche dolce, questo San Corrado nel Santuario di San Corrado fuori le mura di Noto.

 

OTTAVA 2021

le immagini sono prese da facebook


 




LE IMMAGINI DEL 29 AGOSTO 2021

L'ESPOSIZIONE SULLA FACCIATA
DELLA CATTEDRALE DI NOTO
DELL'ARCA DI S. CORRADO 
 
Un momento che passerà alla storia per il fatto del covid che ha bloccato la processione ma che ugualmente è molto importante: San Corrado il Patrono esposto davanti al popolo netino per una benedizione.
Presenti ovviamente i Portatori di S. Corrado ed i Portatori dei Cilii oltre a autorità Religiose e Civili, e tantissimi devoti, emozionati e felici.
Ovviamente anche i tradizionali fuochi artificiali, magnifici e solenni!
 
Alcune immagini di Luigi Beltrami prese da facebook che testimoniano di questo fatto devozionale.

 

 

 

 

 
 

N O T O LA BENEDIZIONE



DOMENICA 29 AGOSTO 2021

N O T O
FESTA DI SAN CORRADO 
IL PATRONO

Si inizia la solennità Patronale d'agosto con l'Omaggio Floreale alla statua secondo però le norme anticovid, ma questo non toglie nulla alla bellezza della devozione.
In cattedrale ore 10.30 solenne pontificale presieduto dal Vescovo.
 
Le fotografie sono prese da facebook
 
le prime due foto sono dal profilo del 
Corpo Bandistico F.Mule' dell'Istituzione Musicale Città di Noto
che come sempre, con bravura, musicalità e professionalità (diciamolo!) danno solennità ai momenti forti del culto devozionale al Patrono



 
 
 
 

BRACCIO RELIQUIARIO

COME DA TRADIZIONE VERRA' PORTATO
AI PIEDI DELLA STATUA DI SAN CORRADO
DURANTE L'OMAGGIO FLOREALE
DOMENICA 29 AGOSTO 2021
IL BRACCIO RELIQUIARIO
 
Nel 2020 ricorrevano i 70 anni da quando è stato creato e donato

UN ANNIVERSARIO
IL BRACCIO RELIQUIARIO
Donato dal popolo di Noto nel 1950
 
di Umberto Battini
studioso di S. Corrado
 
Quest’anno particolare sembra mettere tutto nell’ombra e così anche per la solenne festa agostana processionale di S. Corrado: ma ugualmente trarremo vantaggio da quello che si potrà fare per onorarlo con i pontificali solenni in cattedrale.
 
Ma non dobbiamo dimenticare due eventi storici che segnano il culto: la Invenzione nel 1620 dei Cilii ed anche il dono 70 anni fa del braccio-reliquia del Patrono!
Infatti lo scopriamo leggendolo dal basamento del reliquiario stesso dove è incisa la seguente dedicatoria: Grati Animi Causa Netini + A D + 1950 e cioè così tradotto: I Netini grati per i piaceri ricevuti Anno del Signore 1950.
 
Ed anche è visibile sotto alla mano il punzone dell’argentiere: De Vecchi e le sue proprie simbologie, infatti ad ogni argentiere viene assegnato un proprio personale sigillo, un marchio di fabbrica per intenderci, legalmente riconosciuto.
Il popolo devoto di Noto donò esattamente 70 anni fa questo reliquiario in argento la cui realizzazione venne affidata ad uno dei massimi argentieri italiani, la De Vecchi di Milano fondata nel 1935.
Il braccio creato da Piero De Vecchi scultore e incisore di fama, in argento 800, è un capolavoro d’arte, i netini per questo prezioso dono alla Gloria di S. Corrado per le grazie ricevute, vollero affidarsi ad uno dei massimi argentieri viventi del tempo e questo è un indizio di come l’amore al patrono si elevasse tra arte e culto senza badare a spese.
 
Questo anniversario non deve passare inosservato ai fedeli d’oggi, questo è una testimonianza e quel braccio che tante volte abbiamo baciato con rispetto ha tutta una sua storia nobile, di popolo generoso e devoto.
In questi 70 anni migliaia sono stati i fedeli che hanno potuto venerare S. Corrado per mezzo di questo importante reliquiario e farne momoria storica è un atto dovuto di onesta riconoscenza.
 


 

DOMENICA 29 AGOSTO 2021

PER TUTTI I FEDELI E I DEVOTI
domenica 29 agosto 2021 a NOTO
DIRETTA web su YOUTUBE sul CANALE UFFICIALE DELLA DIOCESI DI NOTO della santa messa pontificale alla Gloria del PATRONO S. Corrado Confalonieri che si terrà alle ore 10.30
 
Alle ore 9.30 si terrà l'Omaggio floreale alla statua di S. Corrado secondo le norme anticovid e quindi seguirà la Messa solenne in cattedrale


PATRONO POTENTE

 RESISTENTI
COME IL SUO ESEMPIO 
In questi tempi di confusione

TRASLAZIONE 2021

IN CATTEDRALE A NOTO
L'ARCA ESPOSTA ALL'ALTARE MAGGIORE
In forma privata causa covid
 
Nella sera del 20 agosto dopo la messa delle ore 19 si è Traslata l'Arca di San Corrado dalla sua cappella all'altare maggiore.
Presenti i Portatori di S. Corrado con i Portatori dei Cilii e il vicario generale mons. Angelo Giurdanella a rappresentare tutti i fedeli della Città per un evento di forte impatto emotivo.
Su facebook è possibile vedere un ottimo video che testimonia questo fatto mentre all'organo si suonava e cantava l'Inno del Patrono.
La faccenda del covid non deve spegnere gli entusiasmi di devozione: San Corrado è lì in tutta la sua bellezza!
 
Le fotografie sono prese dal video in facebook
 

AGOSTO 2021 ESPOSTA L'ARCA

 SAN CORRADO CONFALONIERI
L'Arca con il corpo del PATRONO

Esposta alla devozione in cattedrale a Noto nella Cappella del Patrono
da venerdì 13 agosto fino al giorno 20 dove sarà poi traslata
all'altare maggiore fino all'Ottava di settembre

la foto è inviata "in diretta al mattino presto" grazie alla fam. Salvo e Francesca Mazzara di Noto

CARITA' CONCRETA

LA RACCOLTA 
ALIMENTARE DI SAN CORRADO
DI SABATO 7 AGOSTO 2021
ha fruttato in carità del popolo devoto di NOTO ben 2401 kg. di alimentari da distribuire a chi ne ha bisogno
 
La popolazione è stata molto generosa e tutto questo è stato raccolto con l'aiuto volontario di persone della Bottega Solidale del Centro Caritas Cittadino, dei Portatori di S. Corrado e dei Portatori dei Cilii.

NOSTRO SCUDO
IL SUO BRACCIO SARA'

ESPOSIZIONE ARCA AGOSTO 2021

IL VESCOVO E IL PANE

Inizia il Mese Corradiano a Noto e da Calendasco voglio proporre queste mie righe, perchè come immaginate, il fervore mi invade fortemente tanto più ora che causa covid e per convalescenza oncologica non potrò esser presente tra i miei fratelli e sorelle devoti di Noto, ma mi resta la forte freschezza mentale e quindi per la Gloria del Patrono scrivo questo testo-studio per questo 2021 che propongo alla lettura e commento di tutti, per certi versi è il mio Cilio a S. Currau!

 

SI LASCIO’ CADERE SULLE GINOCCHIA

IMPOTENTE DAVANTI A S. CORRADO

La testimonianza del Vescovo di Siracusa

 

Umberto Battini

Studioso di S. Corrado Confalonieri



Proponiamo un completamento di dati e fatti per la corretta interpretazione del documento letterario della Vita di S. Corrado dedotta dagli Annales Minores voll. 4 del 1637 scritta da Luca Wadding uno degli storici francescani tra i più autorevoli mai esistiti e per completezza e verifica troverete anche l’immagine del testo che andremo ad analizzare nel dettaglio.

In questo breve saggio voglio portare all’attenzione quella parte che riguarda il fatto della visita inaspettata a S. Corrado del vescovo di Siracusa e quindi darne una sana lettura per comprenderla nel dettaglio: qui il miracolo del pane avviene sotto gli occhi dell’Autorità della Chiesa e il suo avallo determina già in nuce la futura certa elevazione tra i Santi dell’Eremita piacentino.

Troppe voci gli arrivavano all’orecchio dai suoi sottoposti e così nello sfarzo della sua posizione decide di muovere tutto il suo staff (per dirla alla moderna) per andare da Siracusa a Noto, là tra quei monti dove pare viva in una grotta tra la folta vegetazione bagnata da una piccola fiumara, un frate eremita con poteri particolari.

Per farla breve: il Vescovo siracusano - perchè a quel tempo Noto ricadeva sotto a quella diocesi - arriva là per fare una esplorazione di presenza in cerca della verità e visitarne la dimora e ad antrum perrexit (ed entra nell’antro, nella grotta) mentre Corrado è assente, e quindi qual momento migliore per fare un’ispezione proprio a quell’antro e le parole hanno un peso: infatti antro significa letteralmente cavità profonda e oscura nel fianco d'un monte o d'una roccia; grotta, caverna.

Già così rende l’idea di come sia un luogo umile, semplicissimo, quasi inadatto alla vita di un uomo e il Vescovo perlustra la grotta, rapidamente, perchè è una grotta piccola e inospitale e vede che non contiene mobilio (suppellectilis nihil) ed anche niente cibi ne cotti ne crudi pronti da cucinare, insomma in questa speluncam nudam cioè antro scuro quasi pauroso completamente vuoto egli trova solo una zucca per tenervi l’acqua da bere, e vede che non c’è il letto e neanche uno sgabello, ma c’è solo un unico ambiente, completamente vuoto, freddo, scuro e inospitale.

A quel secolo la grotta aveva ancora ovviamente la parete del monte con ricavata la piccola porta e una finestrella per l’aria, diversamente dal poi quando venne costruito circa 250 anni fa il Santuario per inglobarla abbattendo la parete frontale per poter mostrare il resto dell’anfratto così come ancor oggi lo vediamo.

Questa che segue è la testimonianza di quello che il Vescovo trova in quel luogo e già da questa prima impressione si avvede che molto di quello che gli dicevano di questo strano personaggio vivente lì tra la natura impervia, era una esagerazione, infatti come poteva un uomo che faceva una tal vita rozza e solitaria essere un pericolo per la religione?

Perchè noi dobbiamo essere scaltri e leggere in questo fatto della visita vescovile un tentativo di inquisizione, non siate ingenui dal credere che tutto questo apparato si sia messo in movimento così senza un solido motivo: da Siracusa a Noto (Antica ndr) ci voleva un giorno di viaggio a cavallo, con carri e uomini per trasportare ciò che era utile al Vescovo ed anche un manipolo di soldati a protezione, questo era quel mondo medievale che ben gli storici ci han descritto.

Finalmente, leggiamo dal testo, arriva Corrado, e si avvede di tutto questo trambusto intorno alla sua grotta e come si accorge che si trattava del Vescovo, senza indugio gli si getta davanti in ginocchio e gli chiede la benedizione quindi i due iniziano a discorrere, ed immaginiamo delle tante domande che gli sian state rivolte e da come poi si evolve questo momento, si capisce chiaramente che ormai nel Vescovo è caduta ogni reticenza verso questo frate che considera solo un sempliciotto desideroso di vita in solitudine in modo molto povero ma anche però secondo una visione cristiana, difatti il Vescovo nota che come gesto primo, Corrado si era gettato in ginocchio onorando sia la sua persona ma anche ciò che rappresentava: il Pastore del gregge cristiano.

A questo punto, passata qualche ora della mattinata, viene ordinato ai servitori di preparare sul campo un desinare al quale Corrado è invitato, anche perchè, dice ancora il Vescovo, aveva notato che non aveva proprio niente da mangiare di nessun genere e desidera averlo alla sua mensa: Nihil, frater Conrade tu habes in cella... e adesso va prestata molta attenzione al racconto storico, perchè tutta la vicenda che stiamo narrando ha un valore storico e letterale, perché le parole del Vescovo si fanno più pacate, difatti stavolta si rivolge a Corrado parlando non più del suo antro ma della sua cella, cioè camera, cappella, luogo che tutto sommato non è più così desolato visto il buon fine e il buon carattere di colui che l’abita, e la cella è la casa per eccellenza dell’eremita cristiano.

Infatti ben sappiamo che con Guglielmo Buccheri, appena arrivato a Noto, S. Corrado và ad abitare presso le celle che eran al di sotto le mura del castello, le celle sono luoghi semplici ma benedetti e gli abitanti di Noto, sia nobili che popolani, sapevano che chi le abitava eran uomini di fede ed alla ricerca di penitenza e solitudine, uomini religiosi e buoni, da non molestare.

E il Vescovo continua e dice: Io vengo qui da te, di persona (parole che son da intendere: Io il Vescovo, con tutto questo apparato, dovendo affrontare un viaggio e disagi e magari potendo far altro di più utile ndr) e tu non hai nulla da offrire al tuo ospite illustre? - intendendo se stesso, con queste poche parole il Vescovo sta facendo facile ironia verso Corrado: quello che capiamo tra le righe è questo: “Io il tuo Vescovo, nobile e importante, faccio questo viaggio, vengo qui credendo di trovar chissà che ed invece mi ritrovo una speloca vuota e scura, abbandonata tra i monti e la natura selvaggia ed abitata da un poveraccio, umile ma con un’ideale religioso e buono, e che nemmeno può offrirmi qualcosa da metter sotto i denti ne da bere, perchè una misera zucca con poca acqua dentro pende appesa nell’antro!”.

Ma Corrado, uomo semplice ma di rara intelligenza, alacri animo e hilari facie cioè prontamente senza indugio (alacri animo) e di buon umore, mostrando nell’aspetto e negli atti l’interna contentezza (hilari facie) gli dice: Aspetta o signore ad allontanarti! Vedo cosa trovo qui dentro per servirti!

E il racconto adesso non indugia perchè si arriva a risolvere tutto questo fatto del Vescovo scomodato quasi per nulla e si passa a concretizzare tutto quello che fino ad ora abbiamo letto di questo fatto storico: esce (Corrado dalla grotta ndr) con quattro candide e bollenti (appena sfornate ndr) focacce (placentas=focacce) dal gusto buonissimo come è ben testimoniato.

In questo fatto miracoloso e concreto, perchè le focacce calde, bianche e gustose son lì davanti dopo che fin a poco prima quel luogo pareva solo un buio e desolato antro inospitale, c’è tutto quello che è un giudizio della Chiesa stessa, nella persona del Vescovo che è una autorità con diritto di giudizio inappellabile e che viene umanizzato dopo che incontra l’uomo Corrado, discutendo con lui, e infine vivendo un fatto miracoloso in prima persona ma non solo visivamente ma anche concretamente perchè quelle focacce sono mangiate e sono buonissime e servite lì in diretta, senza possibilità di obiezione: il miracolo c’è ed è avvenuto lì, sotto agli occhi increduli di quella gente.

Obstupefactus Episcopus: il Vescovo è sbalordito, stordito e buttato in ginocchio di peso, (in genua provolutus) e stavolta è lui che si piega davanti a quello che fino a poco prima considerava un semplicione devoto, e vede che questo pane viene dal cielo non c’è altro modo, e ne è testimone e anche lo può mangiare e gustare e senza nessuna scusa, mostrando qui il Vescovo onestà ammette che Dio è presente e opera nell’uomo Beato (nel senso di santo ndr) che completamente si affida appunto a Dio Padre, riconosce di fatto la santità di Corrado, in quel momento, da vivo!

Questo fatto storico particolare può essere il paradigma, cioè il modello per poter dire senza pericolo di smentita che San Corrado è uomo di Dio, annullato in ogni suo rapporto col mondo se non come Patrono intercessore e la figura del Vescovo che vede e testimonia quel fatto è già un dato storico della Chiesa che testimonia che l’Eremita della Valle dei Miracoli di Noto è un Santo per davvero, ma di quelli potenti e concreti perchè da quella grotta è uscito pane messo dal Cielo, dalle mani e per mezzo del nostro Patrono.

Panem tanquam de caelo missum reverenter accepit!


 

IL PANE DI S. CORRADO

LA RACCOLTA ALIMENTARE
DEL 2021 A NOTO
 
E' un segno concreto di carità, che ricorda quella del Patrono quando se ne usciva dalla grotta con pane caldo per chi andava a visitarlo e nel bisogno
 

 

GESTO LODEVOLE

VOLONTARIATO 
ROBERTO GIUCA E IL GESTO 
DI GRANDE INTELLIGENZA E DEVOZIONE 
 
San Corrado quando è nel cuore e nella mente è una benzina potente che dà forza alle azioni buone, belle e giuste.
Apprendiamo da facebook dall'apprezzatissimo Tutto su Noto del bel gesto compiuto dal netino Roberto Giuca.
Pochi giorni fa di questo fine luglio 2021 viene pubblicata la fotografia della Fonte di San Corrado che si trova nel piazzale dell'Eremo, che è un bene a carattere civico, completamente devastata dall'incuria e dalla vegetazione e la cosa ovviamente suscita commenti.
Immediata la risposta del giovane devoto che con attrezzi e decespugliatore inzia e porta a termine la pulizia volontariamente del luogo alla Gloria di S. Corrado, gesto ammirevole e da lodare e quindi scrive il Rettore del santuario:

Grazie di cuore da parte mia a questo giovane volontario Roberto Giuca che con amore si è precipitato a pulire la fontana dell'Eremo.
don Eugenio Boscarino
 
E nella calda domenica del 1 agosto Roberto compie il bel gesto.
Che va riconosciuto e lodato! Grazie!
 
Nelle foto prese da facebook ecco un momento del lavoro di pulitura di Roberto Giuca, volontariamente eseguito, e anche di come invece era prima la Fonte!
 



NOTO S. CORRADO AGOSTO 2021

MESE CORRADIANO
AGOSTO A NOTO
Intanto è già venerabile la Reliquia del Braccio esposta durante le messe in cattedrale

La Festa solenne di San Corrado e gli avvenimenti per questo agosto ancora da vivere in tempo di covid non ostante ci siano perlomeno poche restrizioni.
 
Ma l'Amore maiuscolo dei Netini e dei devoti non risente affatto del periodo pandemico e una serie di eventi liturgici di culto e tradizionali legati a San Corrado si terranno senza nessun problema, l'unico aspetto sul quale si dovrà aver pazienza è la Processione ma ci sarà tempo per il prossimo anno.

SABATO 7 agosto i Portatori di S. Corrado con i Portatori dei Cilii con i volontari della Bottega Solidale terranno la Raccolta Alimentare di S. Corrado nei market cittadini, che è un gesto lodevolissimo dei netini tutti.
 
DOMENICA 29 agosto  FESTA DI SAN CORRADO al mattino Omaggio Floreale alla STATUA del Patrono e a seguire il solenne Pontificale del Vescovo in cattedrale

DOMENICA 5 settembre OTTAVA di S. Corrado al mattino Omaggio Floreale alla STATUA del Patrono nel piazzale dell'EREMO a S. Corrado di fuori e a seguire solenne santa messa celebrata da don Eugenio Boscarino parroco e Rettore del Santuario del Patrono.

Nel corso del mese di agosto tante le iniziative culturali e religiose a Noto.

FATTI E STORIA

NELL'ATTESA DEL MESE CORRADIANO D'AGOSTO A NOTO
ripassiamo in modo breve ma preciso la memoria storica del Patrono
 
articolo tratto dal quotidiano ILPIACENZA
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articolo dal quotidiano web ILPIACENZA dell'8 febbraio 2018

San Corrado, il santo incendiario piacentino: da feudatario di Calendasco a eremita di Noto

Un uomo del pieno medioevo san Corrado Confalonieri, un piacentino a tutti gli effetti che merita d’esser conosciuto negli aspetti storici e religiosi, come da centinaia di anni fanno generazioni i devoti della città di Noto che gelosamente ne custodiscono il Corpo in una grandiosa Arca in argento

Era un uomo del suo tempo Corrado Confalonieri, amava la caccia che praticava nelle terre del suo feudo piacentino, dove era nato nel castello nel 1290. La sua era una famiglia guelfa di nobili militi a servizio del Vescovo di Piacenza che in cambio avevano ottenuto i possedimenti di Calendasco con le rendite terriere e quelle legate al fiume Po. Nel 1315 Corrado durante una battuta di caccia, nel caldo giugno, per stanare selvaggina fa incendiare sterpaglie e rovi, ma il fuoco si estende ai tanti boschi e danneggia fattorie e stalle. Il danno è  enorme per quei tempi: e il Visconti, che è nemico del Vescovo, fa arrestare un povero contadino. Qui avviene l’atto principe della vita di questo milite: si presenta al Galeazzo Visconti ed ammette la colpa!

 L’essere nobile gli salva la vita, ma deve risarcire il danno, è un obbligo che gli costa anche la damnatio memoriae della sua stessa famiglia dei Confalonieri, che dopo aver pagato rimane infeudata del luogo di Calendasco. Corrado non ha altra scelta che la vita penitente d’espiazione, mette la moglie nel convento di S. Chiara a Piacenza e lui si ritira come converso nell’ospedale e romitorio dei francescani terziari nel luogo di Calendasco. E dopo qualche anno partirà verso Assisi, Roma e probabilmente la Terra Santa, e lo ritroveremo nel 1343 arrivare a Noto in Sicilia. Qui ormai frate terziario di provata virtù ed esperienza fa vita ritirata da eremita che perfeziona nella grotta posta in quella valle netina. Ed i miracoli che compie da subito sono tanti: guarigione del bambino ernioso e dono continuo a chi lo visitava, di pane caldo che compariva nella grotta spoglia di tutto, così come oggi la può vedere il pellegrino.

Morirà il 19 febbraio del 1351 nella grotta e da subito le genti di Noto avranno verso di lui la tipica venerazioni dovuta a chi era ritenuto Santo e tale fu la sua sorte. Oltre alla concessione della beatificazione del 1515 e la concessione della ulteriore processione da farsi anche nell’ultima domenica d’agosto aggiunta a quella da farsi nella data della morte, il papa Urbano VIII nel 1625 concesse la piena venerazione di Corrado come Santo dell’Ordine Francescano in tutto il mondo. S. Corrado ricade nel calendario proprio del Terzo Ordine Regolare di S. Francesco come è anche il caso di S. Rocco, altro santo veneratissimo nel piacentino.

A Calendasco quindi si conservano il tre luoghi dell’anima del culto al santo Incendiario e cioè il piccolo hospitio convento che fungeva da ricovero per i pellegrini diretti al guado del Po di Soprarivo, poi il castello del XIII secolo dove nacque fisicamente così come attesta l’atto di Curia notarile di Piacenza del 9 agosto 1617 a firma del vescovo mons. Rangoni che attestò la nascita del Confalonieri nel feudo di Calendasco e la chiesa dove si presume sia anche stato battezzato. Un blocco del culto in terra piacentina avvenne nel tardo ‘500 quando il discendente del Santo Eremita GiovanLuigi Confalonieri, abitante nel castello di Calendasco, partecipò alla congiura ed assassinio di Pierluigi Farnese figlio di papa Paolo III.

Infatti nel 1610 i Giurati di Noto scrissero a Piacenza per avere maggiori dati sul Santo che loro custodivano ormai da secoli e che sapevano esser stato feudatario di Calendasco, e mentre il Farnese diplomaticamente glissò invece i Giurati di Piacenza stesero una relazione che inviarono a Noto nel 1611 che dava loro alcuni dati sulla moglie ancora vivente nel 1356. Ma solo il vescovo della nostra città fece ricerche più dettagliate sulla vita da laico del suo Milite divenuto Santo e appunto con il Legato Sancti Conradi del 1617 mise nero su bianco il fatto della nascita fisica. Era giustamente fino a quel tempo ritenuto esser di Piacenza, in quanto nel tardo 1300, era più semplice indicare la città capoluogo, certamente più conosciuta di Calendasco. Ma come visto, nel 1610 gli stessi netini vollero avere notizie più precise e vere che si concretizzarono con l’atto vescovile del 1617. Così il piccolo paese sul Po lo ebbe quale Patrono, unico caso in  tutto la diocesi, e la chiesa nel 1600 oltre a dedicare una cappella a S. Corrado venne adornata di non pochi suoi dipinti.

 Ancora nel primo 1900 i discendenti dei Confalonieri per tutti questi motivi, andavano a festeggiare il loro avo Santo proprio a Calendasco e pagavano tutto il necessario per la festa ed anche i vescovi della città là si recavano a celebrarne la liturgia del 19 febbraio. Di fatto oltre alla Reliquia Insigne del dito pollice sinistro, alla parrocchia del paese i Vescovi di Noto donarono al borgo natio due altre reliquie e precisamente nel 1907 e nel 1927, indicando un unico legame diretto tra i devoti di Noto e Calendasco.

Nel 2015 oltre un centinaio di pellegrini di Noto si portarono a Calendasco per visitare i luoghi e venerare il Patrono che condividono con la terra piacentina, che è onorato nel borgo da oltre quattrocento anni e che vanta anche in città una chiesa a lui dedicata e costruita circa tre decenni fa. Un uomo del pieno medioevo S. Corrado Confalonieri, un piacentino a tutti gli effetti che merita d’esser conosciuto negli aspetti storici e religiosi, come da centinaia di anni fanno generazioni i devoti della città di Noto che gelosamente ne custodiscono il Corpo in una grandiosa Arca in argento.

Umberto Battini


Per approfondire

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