LETTURE DEL BLOG N. 120.882 AL 24 GENNAIO 2024

L'EREMITA FRANCESCANO

SAN CORRADO CONFALONIERI
Pillole storiche 
 
 
La figura storica di questo Santo piacentino passa attraverso la contestualizzazione con il territorio, non ultima quella che oggi è la Via Francigena.  Difatti il nostro Santo Eremita inizia la sua avventura spirituale da quel piccolo borgo che è Calendasco: il castello e l’hospitio-romitorio. 

Ai nostri giorni abbiamo proprio qui sul Po, il passo francigeno detto “di Sigerico”. Il romitorio già verso il 1280 era retto da frà Aristide, maestro spirituale di s. Corrado e superiore del piccolo ospedale, proprio frà Aristide nel 1290 andò a Montefalco per presiedere alla costruzione del convento di s. Chiara e poi tornò a reggere la sua Comunità piacentina di fraticelli della penitenza o del terz’ordine francescano. 

Nel 1315 circa vi è l’incendio devastante causato dal Confalonieri durante la caccia, e se fino a qualche anno fa la storiografia lo indicava essere nei pressi di Celleri, basandosi solo su una tradizione, ora abbiamo il sostegno di una pergamena che ribalta e corrobora la storia. L’abbiamo rintracciata in Archivio di Stato a Parma nel fondo del monastero di Quartazzola, è una pergamena in scrittura corsiva latina datata 11 gennaio 1589. Questa investitura di un fondo terriero di 200 pertiche piacentine (circa 45 campi da calcio) ci dice che le terre in direzione di S. Nicolò a Trebbia e che coinvolgono anche il territorio di Calendasco sono chiamate “alla Brugiata”. Questo grande spazio rurale fatto di campi coltivabili, boschi  e viti con ragione possiamo intenderlo come la prova che lì un tempo vi fu un grande incendio, indicato appunto dalla toponomastica che chiama tutto quell’appezzamento “Bruciata” nonostante fosse stato terreno fertile e coltivo. 

 D’altra parte anche le “case bruciate” di Celleri sono una indicazione toponomastica così come il “molino bruciato” di Calendasco. Gli Statuti piacentini più antichi, quelli del feroce Galeazzo Visconti (1322 – 1336) prevedevano per l’incendio doloso varie pene a seconda della gravità ed entità dello stesso, ma il reo poteva pagare il danno al Comune con una grande somma pari a 200 lire oppure era libero – tra virgolette - di fare una volontaria cessione di tutti i beni. Senza addentrarci nella questione, possiamo credere fosse appunto questa la pena dovuta per l’incendio del nostro santo come già la storia secolare tramanda e ancor più quella del XV e XVI secolo scritta nella lontana Noto.

 Lo sviluppo del culto al Santo Penitente ha una svolta in Piacenza nel 1611, quando giunge la lettera del 1610 scritta dai Giurati da Noto, bellissima città sicula nella quale da ormai sette secoli si conserva con somma venerazione il corpo del Confalonieri. Nella lettera si chiede di far ricerche negli archivi piacentini per scoprire quello che il santo frate “habbia molto più occultato per humiltà di quello che s’é investigato”.

 La risposta è in parte nella lettera spedita da Piacenza nel 1611 che vede gli Anziani e Priori comunicare quanto avevan potuto sapere. Allegano alla missiva una “Informatione circa l’Illustre Famiglia Confaloniera” dalla quale leggiamo testualmente che nel Monastero francescano di S. Chiara, ancor oggi visibile sullo Stradone Farnese, tra le tante cose avevan “trovato notitia di una suor Gioannina Confalloniera che specialmente viveva  nel 1340 et anco nel 1356” e che poteva essere la moglie del Santo Corrado al tempo della sua vita piacentina. Come detto, in questi primi decenni del 1600 assistiamo a Piacenza un rincorrersi di espressione di devozione e di propaganda del culto molto significativa a s. Corrado Confalonieri. 

parte di testo estratto da un articolo pubblicato sul quotidiano di Piacenza Libertà nel 2013 da Umberto Battini

 


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